2012
Gennaio 2012
Errare è umano, perseverare diabolico Dialogo: gennaio 2012
Viva la Prima Repubblica La Pagina: 28 gennaio 2012
Febbraio 2012
Il pianto del coccodrillo Dialogo: febbraio 2012
Il dopo che ci aspetta… La Pagina: 28 febbraio 2012
Marzo 2012
Il pessimismo della ragione, l’ottimismo della volontà Dialogo: marzo 2012
Aprile 2012
Da piazza monumento alla latteria La Pagina: 12 aprile 2012
Un futuro nebuloso e poco rassicurante Dialogo: aprile 2012
Maggio 2102
Il cemento e la riqualificazione urbanistica La Pagina: 12 maggio 2012
Pochezza ideologica e riprovevole incoerenza Dialogo: maggio 2012
La carica dei quindicimila Dialogo: maggio 2012
Giugno 2012
Il consiglio comunale di Modica e la captatio benevolentiae La Pagina, 12 giugno 2012
Il Black Out al Teatro Garibaldi Dialogo: giugno 2012
La rigenerazione della politica La Pagina: 28 giugno 2012
Ottobre 2012
La confraternita dei benefattori Dialogo: ottobre 2102
Novembre 2012
Non poteva che finire così Dialogo: novembre 2012
Dicembre 2012
La Sinistra comunista e il liberismo: un connubio devastante Dialogo: dicembre 2012
Gennaio 2012
ERRARE E’ UMANO, PERSEVERARE DIABOLICO
Come tutti sappiamo, errare è umano, ma perseverare è diabolico! Siamo consapevoli, ovviamente, che la nostra è, probabilmente, l’unica voce fuori dal coro, in questa città che inneggia al falso progresso, che esulta mentre s’inchina dinanzi alle sciocchezze e si ubriaca succhiando il nettare, all’apparenza dolce ma ripugnante nell’essenza, di un finto sviluppo, che la sta conducendo, come una nave alla deriva, ad infrangersi sugli scogli dell’annientamento di sé.
Non riusciamo proprio ad accettare che continui, tra la generale indifferenza, la distruzione di centinaia di migliaia di metri quadrati di querce e carrubi, autentico sfregio alla nostra splendida campagna, per realizzare mostri di cemento: ci riferiamo agli innumerevoli centri commerciali che ormai chiudono la città in una morsa d’acciaio e che avanzano con una marcia inarrestabile trasformandola in un grande e squallido mercato.
Modica, ormai, ci appare sempre più simile a La Mecca: migliaia di pellegrini si accalcano per giungere alla meta ed assaporare la divina fragranza di una nuova “pietra nera”. Giunti alla Kaaba in versione iblea, s’inginocchiano imploranti davanti a nuovi sacerdoti, che, con gesti ieratici e parole suadenti, dispensano a pieni mani i nuovi idoli che si offrono alla modicana adorazione.
Continua, pertanto, il diabolico progetto di trasformare la città delle cento chiese in una palude, putrida e malsana, dove annegheranno i sogni e le speranze dei nostri figli e dei figli dei nostri figli, che pagheranno le colpe di una generazione che non prova vergogna a praticare l’apostasia e l’idolatria.
Più d’una volta abbiamo ricordato i danni irreparabili che la città sta subendo, correndo, impazzita e inebetita, verso l’assoluta venerazione del denaro, del cemento e degli affari.
Una città che non ha avuto, in questi ultimi anni, un rilevante sviluppo demografico ma in cui, invece, è cresciuto a dismisura il numero di grandi e piccoli esercizi commerciali e soprattutto delle banche, e che ha un giro di affari degno di una metropoli. Dei cittadini consapevoli da tempo si sarebbero interrogati sul perché ciò sia stato e ancora sia possibile: ma i modicani no! Aspettiamo con pazienza che aprano gli occhi e prendano consapevolezza, finalmente, della “vera” realtà in cui vivono.
Sappiamo che il nostro è uno sforzo titanico; siamo consapevoli che la nostra utopia è destinata a frantumarsi contro il muro di gomma dell’indifferenza, della vigliaccheria e del più volgare materialismo, ma non ci arrenderemo e lotteremo con ogni mezzo, pur sapendo di dover soccombere: il disprezzo per qualunque forma di omissione e il coraggio di nuotare contro la corrente di un mare tempestoso sono ciò che ci rendono degni della nostra umanità, ed è per tale motivo che continueremo la nostra battaglia.
Viviamo l’amarezza di una città che non sa più ritrovarsi attorno ai valori che ci rendono cittadini e non sudditi; una città che ha smarrito le chiavi per interpretare il presente, sapendo coniugare, in una superiore sintesi, le istanze dell’intelletto e quelle del cuore; una città che corre senza meta sui sentieri della vanità e del nulla.
Quanta tristezza nel guardare i suoi abitanti muoversi come fantocci senza vita fra le cappelle e le navate di questo nuovi templi, alla ricerca d’un oggetto che dia loro un attimo di effimera felicità; quanta malinconia nel vederli ridotti a burattini, inconsapevoli e istupiditi, che non s’accorgono di quanto degrado ci sia nel perdere la soggettività per farsi oggetto; di quanto sia triste il passaggio dall’essere fine a diventare mezzo.
Un popolo estraniato da sé e incapace di cogliere il senso del suo essere è un popolo destinato all’autodistruzione. Quando la coscienza si smarrisce nell’oggettività e non sa più elevarsi ai valori dello spirito essa stessa si fa oggetto, diventa uno strumento da usare e manipolare: un ingranaggio asservito al sistema, che si stordisce in un anonimo e frenetico universo consumistico.
Ma ciò che maggiormente ci rattrista è la superficialità di tanti genitori che in queste nuove chiese trascorrono allegramente delle ore coi bambini al seguito: come se non bastassero le scemenze, le liti e le volgarità della televisione; come se non fossero sufficienti le ore trascorse dinanzi al computer e ai videogiochi violenti, di cui, fra l’altro, sono stracolme proprio queste nuove basiliche del XXI secolo.
Poveri figli! Avrebbero l’urgente necessità di una salutare disintossicazione: papà e mamma, però, non raccontano loro una fiaba prima di dormire, per riconciliarli coi sogni della loro età; non li portano in campagna ad osservare gli animali e a gustare il profumo della terra; non li conducono ad ammirare il mare d’inverno con le sue onde che accarezzano gli scogli. No! Li vestono alla moda, e li portano con loro in questi luoghi “ameni”, dove il rumore assordante, di ciò che qualcuno ancora si ostina a chiamare musica, il frenetico andirivieni delle marionette vestite a festa e il vocìo dei nuovi mercanti del tempio, in poche ore, assestano alle menti dei piccoli, già ottenebrate, dei colpi fatali, così che torneranno alle loro case più confusi e intontiti di quando ne erano usciti. Coraggio modicani! Il grande fratello lavora per voi!
Ogni volta che vi sarete stancati dell’ultimo parco dei divertimenti, vi costruirà, in men che non si dica, un altro luccicante mostro di cemento, con dentro tante cose belle, e voi, felici e contenti, tornerete a sognare, inconsapevoli di correre verso l’abisso delle vostre coscienze e di trascinarvi quella che fu la splendida città in cui vivete.
VIVA LA PRIMA REPUBBLICA !
Sullo scorso numero de “La Pagina” è stato pubblicato un articolo dal titolo “ I politici curano veramente gli interessi degli elettori ?” Non so chi sia l’autore – preferendo costui firmarsi con uno pseudonimo – ma so per certo che il pezzo in questione mi ha lasciato assai perplesso e mi ha suscitato delle riflessioni che intendo sottoporre all’attenzione dei Lettori.
Devo confessare che, ad una prima lettura, avevo apprezzato l’articolo, ritenendo che la prima parte, quella in cui sono elogiati Peppe Drago e Riccardo Minardo, nascondesse una celata ma sagace ironia. Poi, man mano che proseguivo nella lettura, l’apprezzamento ha lasciato il posto ad un senso di profondo fastidio, quando mi sono reso conto che le lodi al duo Drago – Minardo erano autentiche.
Al di là di questo panegirico – di cui mi occuperò più avanti – l’articolo rivela delle contraddizioni che, se esaminate alla luce del rigore logico e razionale, appaiono veramente grossolane. Come si può deplorare, infatti, che i politici guadagnano troppo, non fanno nulla per la loro terra, definirli dispregiativamente “signorotti della politica”, insomma lamentare l’assenza dell’etica e del disinteresse nella politica e nello stesso tempo valutare come accettabile dato di fatto che Minardo e Drago “adoperandosi per proporre leggi o applicare norme per sviluppare lavori socialmente utili” abbiano fatto carriera “proponendo uno scambio per la loro ascesa politica” : qui siamo alla glorificazione del voto di scambio! Come si può affermare che hanno degnamente ricompensato i loro concittadini con il loro lavoro di rappresentanti politici. Drago, mi pare, è stato condannato in via definitiva per peculato e Minardo è indagato per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni ai danni dello Stato; è vero che nel secondo caso deve valere la
presunzione d’innocenza, ma siccome questa non esclude aprioristicamente la possibilità della colpevolezza, forse, in attesa della sentenza, sarebbe stato meglio essere più prudenti prima di usare l’avverbio degnamente. Naturalmente, sia per quanto riguarda Drago sia per quanto concerne Minardo, non si tratta di esprimere giudizi sulle persone, ci mancherebbe: le nostre considerazioni si riferiscono esclusivamente a questioni inerenti alla loro attività politica, e, da questo punto di vista, i guai con la giustizia e i cambi di casacca di cui sono stati protagonisti non depongono certo, sotto il profilo politico, in loro favore.
Ma torniamo al panegirico. Cosa c’è di tanto esaltante nel creare cantieri-scuola e lavori socialmente utili – che non sono stati inventati da Drago e Minardo, né soltanto da loro utilizzati – che davano un’occupazione atta a creare soltanto precariato. L’autore dell’articolo, forse perché troppo intento a scrivere l’apologia dei due deputati, sembra essersi distratto nel descrivere tale situazione: egli immagina i lavoratori socialmente utili e quelli dei cantieri –scuola felici di “sperimentarsi all’interno del mercato del lavoro” e contenti di acquisire “competenze tecnico-professionali e specialistiche attraverso il lavoro sul campo”. Una realtà totalmente virtuale! Si trattava, come tutti sanno, di una vicenda deplorevole per un verso e sconfortante per un altro. Molti dei giovani impegnati in queste esperienze lavorative – naturalmente ci riferiamo al fenomeno nella sua generalità, e non soltanto a Modica o nella nostra provincia – non imparavano assolutamente nulla e non avevano voglia di far nulla, ben sapendo che potevano permettersi simili atteggiamenti, essendo “raccomandati” dal padrino politico di turno. Tutti, comunque, sia i parassiti sia quelli seri e animati da buona volontà si sarebbero trovati, prima o poi, nuovamente disoccupati, ma con la speranza di essere presto o tardi “ripescati”: un bacino di voti, insomma, buono ad alimentare la ben
nota piaga del clientelismo. Cosa c’è, dunque, da esaltare!
L’autore dell’articolo prosegue, poi, affermando che “oggi la Sicilia soffre per l’ingordigia dei propri rappresentanti politici”: ieri, pertanto, non soffriva, perché evidentemente i politici di ieri non le procuravano alcun patimento. Viva la Prima Repubblica, dunque! Quella della Cassa per il Mezzogiorno, di Tangentopoli, della Democrazia Cristiana, del senatore Andreotti, delle collusioni tra mafia e pezzi dello Stato, e mi fermo qui per carità di patria! Ovviamente, ciò non significa che la seconda Repubblica sia migliore della prima, anche perché, l’ho già detto, la seconda non è mai nata: è la prima che si è abilmente riciclata sotto altre sembianze. Il nostro Paese è allo sfascio - il perché potrei dirlo, ma occorrerebbe un libro, non certo un articolo – e qualcuno perde tempo a rimpiangere i bei tempi, quando al Sud arrivavano fiumi di denaro: qualche spicciolo per i giovani che s’illudevano di aver trovato lavoro; tantissimi voti per i politici che li facevano arrivare, ma soprattutto, in particolar modo in alcune zone del Meridione, un’autentica manna per la ‘ndrangheta, la mafia e la camorra!
Febbraio 2012
A proposito del paventato accorpamento del classico “Campailla” allo scientifico “Galilei”
IL PIANTO DEL COCCODRILLO
L’Italia, si sa, è un Paese di opportunisti e di voltagabbana, ma è soprattutto il Paese dell’oblio. Sui cambi di casacca che contraddistinguono il nostro popolo non c’è bisogno di ricorrere ad analisi sociologiche e antropologiche, basta consultare un semplice manuale di storia: nel 1915 anziché entrare in guerra a fianco dei nostri alleati ci schierammo con quelli che, almeno ufficialmente, fino al giorno prima erano stati i nostri avversari; nel 1940 iniziammo il conflitto con un alleato e lo concludemmo a fianco di un altro!
Tutta la nostra storia, quella remota e quella recente, pesa come un macigno su tutti noi e ci rende, agli occhi dei popoli autenticamente seri, poco affidabili e per nulla credibili. Gli inglesi, negli anni sessanta, hanno prodotto la musica rock e quella pop, hanno inventato, insomma, la musica leggera moderna, eppure mantengono intatto il culto delle loro tradizioni; i francesi, nel maggio del ’68, hanno dato vita a cambiamenti epocali per la storia del costume e della mentalità, ma il mito di Bonaparte è ancora ben saldo e intoccabile dopo duecento anni!
Noi italiani siamo un popolo sempre pronto a salire sul carro del vincitore. Un popolo senza radici: non perché non le abbia, ma perché le rinnega. Negli anni venti del secolo scorso, Giovanni Gentile realizzò una riforma scolastica elogiata in gran parte dell’Europa e noi l’abbiamo distrutta, non perché convinti del suo scarso valore, ma per una motivazione becera e idiota che tutti conosciamo e così facendo abbiamo dato spazio alle cretinerie di Berlinguer e della Moratti e alla “riforma epocale” (sic!) della Gelmini. Una riforma, quella di Gentile, che andava certamente modificata in taluni aspetti, per adeguarla al naturale evolversi della mentalità e della cultura; invece è da sessant’anni che la si sta demolendo senza averne all’orizzonte un’altra, strutturale e organica, che dia finalmente alla scuola italiana una identità chiara e ben definita.
E’ la stessa idiozia che fu fatta con la legge Basaglia: si chiusero i manicomi senza prima aver creato delle strutture alternative, col risultato di gettare nel panico i familiari degli ammalati e con l’esito, drammatico, di tanti “poveri cristi” abbandonati a se stessi e dei tanti che, per quello stato di abbandono, ci rimisero la pelle. E’ ovvio che i manicomi andavano chiusi e sostituiti con strutture efficienti e confortevoli: molto meno ovvio ritenere che il malato di mente doveva la sua malattia alle inefficienze della società.
Abbiamo finora parlato degli opportunisti, degli idioti e di coloro che cambiano frequentemente bandiera senza mai arrossire: parliamo adesso dell’oblio, ovvero del disprezzo che troppe volte il popolo italiano ha mostrato e tuttora rivela nei confronti della sua Tradizione. Abbiamo avuto il partito comunista più forte d’Occidente e gli esiti, di questa anomalia tutta italiana, ancora si avvertono: la tradizione cattolica del nostro Paese è stata ridotta a un fenomeno di facciata e talvolta di folclore e svuotata delle sue connotazioni più autentiche e significative; il materialismo storico- dialettico ha trasformato i valori dello spirito in vuote sovrastrutture e l’internazionalismo ha affossato la già scarsa consapevolezza del nostro popolo di costituire una Nazione, un popolo, pertanto, accomunato dallo stesso ethos.
La Democrazia Cristiana ha fatto il resto: anziché ergersi a baluardo delle radici cristiane del nostro Paese – che sono quelle che ci legano al resto d’Europa – pensava a tessere le sue vergognose trame con la mafia e la camorra; a rimpinguare i portafogli di gran parte dei suoi esponenti e al compromesso storico, naturale sbocco di un cattocomunismo anch’esso al servizio del “progresso”: un altro carnefice della nostra più genuina Tradizione. Poi venne il tempo del “burattinaio di Arcore” e del suo partito di plastica, con le sue tre famigerate i – inglese, internet, impresa – con la sua volgare concezione ragionieristica della società e della politica: il senso dello Stato annientato dal rampantismo (pessima eredità del craxismo); la solidarietà distrutta dall’arrivismo; il tricolore vilipeso dal suo alleato padano; la celebrazione della tecnica sulle ceneri di quell’Umanesimo che mezzo millennio fa ci rese grandi nel mondo intero.
Questo è il clima che è stato voluto e realizzato; questa l’atmosfera inquinata che caratterizza ogni angolo della nostra Patria e pertanto anche Modica. Coloro che hanno governato la nostra città negli ultimi decenni portano la responsabilità di avervi distrutto la Tradizione: orrendi palazzi sono sorti sulle chiese demolite; enormi centri commerciali (che tante volte abbiamo definito “mostri di cemento”) hanno soffocato quelli piccoli; le botteghe artigiane, cuore pulsante del nostro centro storico, sono scomparse e nulla si è fatto per far rifiorire questa nobile e antica tradizione della nostra terra; niente è stato fatto per ridare ai quartieri l’identità d’un tempo (con il necessario adeguamento, è ovvio, alle mutate condizioni urbanistiche). Un’intera città è stata stravolta e con essa la sua gente!
La sua tradizionale vocazione agricola e zootecnica anziché essere incoraggiata è stata posta in un angolo per far posto al commercio, adorato e venerato come fosse un dio; la tradizionale pacatezza della nostra gente ha lasciato il campo all’arroganza che sempre più germoglia all’ombra dei falsi valori diffusi da una politica senza ideali; la sua tradizionale eleganza si è smarrita nella dilagante volgarità della politica dei falliti e dell’economia dell’egoismo. E mentre la nostra città annaspava, colpita a morte da una classe politica imbelle, impreparata e interessata soltanto ad arricchirsi, a conquistare poltrone e sistemare parenti, mentre a questa città si strappava la sua anima per renderla ciò che non è mai potrà essere, le nostre ultime Amministrazioni erano intente a salvare l’unica tradizione di cui sono stati in grado di occuparsi: quella del cioccolato!
Oggi sono tutti li a strapparsi le vesti perché il glorioso “Campailla” corre il rischio di essere accorpato al liceo scientifico ”Galilei”. Tutti, dal sindacalista comunista al sindaco cristiano-progressista, dal deputato pozzallese a quello modicano, devoto della Madonna e Padre Pio; da Mommo Carpentieri, che, messo da parte, per una volta, il suo ben noto interesse per lo sport, ha deciso di “spendersi” per la giusta causa della Tradizione, al deputato nazionale Nino Minardo, che, come tutti sanno, milita in un partito immerso nella Tradizione e intriso di autentico Umanesimo. Tutti si scoprono tradizionalisti e amanti della cultura umanistica, di cui il “Campailla” è stato certamente prestigiosa fucina. Tutti scoprono l’importanza dei simboli e si ribellano alla “fredda logica dei numeri”. Ma dov’erano costoro quando si generava questo clima di cui è figlio ciò che potrebbe accadere al nostro liceo classico? Ma cosa si pretendeva, di avere la botte piena e la moglie ubriaca? C’è qualcuno, tra costoro, che, quando sarebbe stato opportuno intervenire per salvare la nostra Tradizione, ha osato farlo? O piuttosto, ha taciuto, per timore di non apparire abbastanza progressista, qualifica che per tanto tempo in Italia è stata fonte di consensi, con tutto quel che ne deriva.
Ma forse, adesso, qualcosa evidentemente è cambiata: questa grande mobilitazione di politici, ci fa sorgere il dubbio che forse adesso rende di più “fare” i tradizionalisti. Noi che tali siamo sempre stati, tremiamo al pensiero di annoverare nelle nostre fila questi convertiti dell’ultima ora. La classe politica modicana, non paga di avere distrutto la Tradizione, adesso ha deciso pure di strumentalizzarla ai fini di nuovi, insopportabili protagonismi!
IL DOPO CHE CI ASPETTA…
Che la tanto sbandierata discontinuità tra l’Amministrazione Torchi e l’Amministrazione Buscema appartenga più al mondo delle pie intenzioni o della propaganda che alla realtà, lo abbiamo ormai detto molte volte e sinceramente eravamo convinti di non doverlo ancora ridire, ma non possiamo in alcun modo tacere due recenti episodi che confermano in maniera inequivocabile quanto da noi sostenuto. Il recente valzer delle poltrone assessoriali, tanto criticato da Buscema e dal Partito Democratico, quando a realizzarlo era Piero Torchi, è divenuto ormai una squallida abitudine di quest’Amministrazione, che, come la precedente, nasconde la verità, utilizzando lo stesso nauseante politichese. Basta leggere questo scampolo di prosa per rendersi conto che la politica, quella vera, a Modica è arrivata al capolinea: “ Abbiamo rinnovato l’alleanza sulla base della condivisione di un metodo orientato al buon governo della città e degli obiettivi da raggiungere per sostenerne la crescita e lo sviluppo. Il reciproco impegno al mantenimento di un equilibrio stabile all’interno della coalizione, come premessa per un‘efficace e incisiva azione amministrativa, sostiene questo accordo”. Questa “la sincera e illuminante” dichiarazione dei due partiti che compongono la maggioranza!
La città è costretta ad assistere alla desolazione dell’ennesimo rimpasto, perché il Movimento per l’Autonomia deve trovare il modo di giustificare l’avvicendamento tra Scarso e Garofalo e l’ingresso in giunta di Cavallino, e il tutto viene presentato come un episodio dettato dalla sola intenzione di rafforzare il buon governo della città, la sua crescita e il suo sviluppo. Proprio così! Su Cavallino, poi, dobbiamo ricrederci: lo abbiamo sempre ritenuto un mediocre, dal punto di vista politico, s’intende, e scopriamo invece che ha delle doti che noi comuni mortali non possediamo. Egli, infatti, è ritenuto in grado di occuparsi di Manutenzioni, Protezione civile, Personale, Sport e
persino della Pubblica Istruzione. Insomma, un genio della politica!
Il rimpasto, che, come tutti sanno, è sempre legato alla disgustosa spartizione delle poltrone, è dunque presentato alla cittadinanza come “una efficace e incisiva azione amministrativa”. Insomma, Buscema sta a Torchi come la Seconda Repubblica sta alla Prima: nulla è cambiato, né la forma, né la sostanza!
Il secondo episodio riguarda la demagogia che accomuna le due Amministrazioni. Basta pensare al Piano di Edilizia Residenziale relativo al quartiere della Vignazza; un piano che prevede la realizzazione di sette edifici per alloggi a canone agevolato: dei mostri di cemento sopraelevati fino al sesto piano per un totale di 50 appartamenti e il prolungamento della copertura dell’alveo del torrente. I rischi idreologici sono evidenti, la zona è fra quelle indicate come centro di raccolta in caso di calamità naturale, l’intero quartiere sarà snaturato nella sua conformazione urbanistica, e l’Amministrazione ritiene che la costruzione di una rotatoria e di un po’ di verde (con la speranza che le dimensioni di quest’ultimo non rassomiglino a quelle delle celeberrime bambinopoli di Torchi) possa mettere a tacere le giuste preoccupazioni dei residenti.
Come l’Amministrazione precedente, anche questa sembra non sentire ragioni quando si tratta di cementificare la città. Come ha fatto rilevare Ignazio Giunta, referente cittadino di Italia dei Valori, “Ogni preoccupazione presentata (dai residenti) è stata azzerata con semplici e superficiali argomentazioni, rimandando ad autorizzazioni date frettolosamente dalle autorità competenti. Tutto questo non ha impedito alla’Amministrazione di sottolineare la bontà del progetto e la volontà di sostenerlo fino in fondo”. Ricordiamo che l’incontro coi residenti del quartiere, svoltosi lo scorso 3 febbraio, è stato voluto dal Partito Democratico per “ mettersi in ascolto dei cittadini e
delle loro istanze”. La demagogia ci ha sempre dato fastidio, ma ci risulterebbe assai meno indigesta se almeno producesse un qualche utile risultato. L’iniziatica del PD non soltanto è demagogica, ma è anche presuntuosa e arrogante. Il potere va ad incontrare il popolo, fingendo di volerlo ascoltare, e non arretra di un centimetro rispetto a ciò che ha già deciso di fare, infischiandosene se i suoi progetti non sono per nulla graditi a quel popolo cui finge di prestare attenzione. “Sono le abitazioni preesistenti – afferma ancora Giunta – e le vie del quartiere che necessitano di interventi per la riqualificazione, così come sarebbe utile la costruzione di infrastrutture dedicate alla vita sociale, come centri di aggregazione per grandi e piccini: questa sarebbe la vera realizzazione di un piano di riqualificazione dell’ambiente urbano. Perché non dare incentivi ai privati per sistemare e ammodernare le loro abitazioni?” Ma, aggiungiamo noi, che importanza può avere tutto questo, dinanzi alla straordinaria prospettiva di consentire a dei privati di continuare a massacrare la città riempiendola di ferro e di cemento? Coraggio modicani, ormai siamo alla frutta e che nessuno s’illuda che dopo arriverà il dolce. No! Il dopo che ci aspetta è assai amaro: sarà quello di raccogliere le briciole e di ricominciare. Se ne avremo la forza e il coraggio!
Marzo 2012
IL PESSIMISMO DELLA RAGIONE, L’OTTIMISMO DELLA VOLONTA’
Il prossimo 25 marzo, a Ragusa, i giovani di Futuro e Libertà celebreranno il loro primo congresso provinciale; in quell’occasione Generazione Futuro eleggerà il coordinatore e il direttivo provinciale “all’interno di una manifestazione che prima di tutto vuole raccontare la specialità e la bellezza di un nuovo e fresco modo di fare politica giovanile”. Queste affermazioni suscitano in noi un sentimento di intensa nostalgia, per come la politica la facemmo noi nei nostri anni giovanili, e di profonda delusione per come ritengono di farla i giovani di oggi. Per quanto riguarda quelli di Futuro e Libertà, infatti, hanno come punto di riferimento il presidente della Camera Gianfranco Fini, ovvero l’emblema dell’opportunismo in politica, colui che in pochissimo tempo ha mandato al macero un patrimonio di idee e di valori – non è questa la sede, ovviamente, per discutere della loro bontà o meno – al solo scopo di porre le premesse per la successiva scalata ai vertici delle Istituzioni. Un uomo che per decenni ha predicato l’anticapitalismo e la socializzazione, e che, senza nemmeno arrossire, si è convertito al liberismo berlusconiano, pur di uscire dall’isolamento – ingiusto certamente – in cui era tenuto il partito in cui militava, da una Repubblica faziosa e per nulla democratica.
Un uomo che per decenni ha inneggiato al patriottismo e ha venerato il tricolore, e che, per lo stesso motivo di cui sopra, non ha disdegnato di sedere accanto a coloro che sognano di dividere questo Paese e che non perdono occasione per vilipendere quel tricolore nel cui nome persero la vita tanti giovani con cui Fini da giovane aveva condiviso idee e progetti. Un opportunismo, il suo, ripugnante e disdicevole : quando ha capito che l’alleato era divenuto scomodo l’ha mollato per amoreggiare con l’ex nemico, ex radicale, ex ambientalista – e chi più ne ha più ne metta – che risponde al nome di Francesco Rutelli, e per civettare, addirittura, con l’UDC, ovvero con gli eredi di quella Democrazia Cristiana contro la quale si era sempre battuto; quella DC che ha portato nella politica italiana il malaffare e la corruzione: mali duri a morire, come dimostra l’UDC, che, quanto meno in Sicilia, è il partito col maggior numero di indagati e arrestati.
Questo è il leader cui guardano con ammirazione i giovani di Futuro e Libertà: è sotto la guida di tale leader, pertanto, che dovrebbero sperimentare la bellezza e la freschezza di un nuovo modo di fare politica! Apprendiamo, inoltre, che i lavori congressuali saranno aperti dal deputato Fabio Granata: essendo nati e cresciuti nella stessa città in cui è nato e cresciuto lui, ce lo ricordiamo bene sotto il palco di Giorgio Almirante, durante i suoi comizi, ed ora anche lui è divenuto amico e alleato degli eredi di Moro, Fanfani e Andreotti! Fini e Granata, come i loro ex camerati rimasti con Berlusconi, hanno il sacrosanto diritto di morire democristiani dopo aver disprezzato questi ultimi per anni, ma lascino stare i giovani! Dei loro cambi di casacca, delle loro giravolte politiche e del loro opportunismo non ci interessa nulla: ciò che ci sta a cuore è la formazione dei nostri giovani. Per quanto riguarda la nostra provincia, la politica, da troppo tempo, è per loro un pessimo esempio ed è altamente diseducativa, basti pensare agli avvisati, agli indagati e ai condannati, che da queste parti non sono mancati e tuttora non mancano! Poveri ragazzi: ingannati dagli ex comunisti, con la loro tracotanza, la loro supponenza, la loro presunta e mai dimostrata integrità morale, il loro passato trascorso a far finta di non vedere i delitti commessi nella loro madre patria.
Poveri ragazzi: raggirati dagli ex democristiani, con il loro Cattolicesimo sbandierato e mai vissuto, con il tanfo del compromesso e i miasmi della corruzione che hanno da sempre infettato il partito in cui hanno militato e quello in cui ora militano, che si sia chiamato DC o CCD o CDU o che si chiami UDC o in qualunque altra maniera diabolica si chiami! Poveri ragazzi: adesso ci si mettono pure gli ex missini, che, dopo essersi già una volta riciclati nel partito azienda, hanno praticato la poco nobile arte del trasformismo e adesso si riscoprono censori delle “notti magiche” di Arcore e delle gesta, anch’esse poco nobili, di quel signore di cui fino a poco tempo fa non disdegnavano la compagnia. E’ dunque da queste personaggi che i giovani di Futuro e Libertà dovrebbero apprendere la bellezza di un nuovo modo di fare politica?
Quando lo eravamo noi giovani, avemmo la fortuna di avere come simboli due uomini veri ed autentici, l’uno di destra, l’altro di sinistra, ma accomunati dalla condivisione di alcuni valori che non dovrebbero mai passare di moda: la fede incrollabile in un’idea, l’onestà, la coerenza, il disinteresse! All’ombra di quelle bandiere si formò e crebbe la nostra coscienza di dovere essere sempre cittadini coerenti e liberi. I ragazzi di oggi – e lo sappiamo bene, visto che da quasi trent’anni li frequentiamo grazie alla nostra professione – non hanno colpa se hanno a che fare con politicanti che conoscono solo la demagogia e l’arte di arrangiarsi.
Per tale motivo il prossimo congresso ragusano di Generazione Futuro ci riempie l’animo di tristezza: a che serve il nostro impegno di docenti, e quello di tanti nostri colleghi, che quotidianamente lavoriamo perché i giovani crescano non soltanto culturalmente ma anche spiritualmente alfine di poter diventare cittadini onesti e consapevoli, se poi la politica vanifica sistematicamente il nostro lavoro? Ovviamente andremo avanti perseguendo il nostro obiettivo, ma consentiteci il pessimismo della ragione, anche se non verrà mai meno l’ottimismo della volontà!
Aprile 2012
DA PIAZZA MONUMENTO ALLA LATTERIA
Coloro che ci leggono sanno bene quante volte abbiamo criticato il nostro Sindaco per essersi alleato con il Movimento per l’Autonomia, che qui a Modica ha il suo leader in Riccardo Minardo, a proposito del quale, a causa della ben nota lentezza della magistratura italiana, i cittadini modicani ancora aspettano di sapere se sono veri i gravissimi reati di cui è accusato o se si tratta, invece, di un galantuomo ingiustamente indagato. Sui motivi della nostra totale avversione all’alleanza Buscema – Minardo ci siamo soffermati così tante volte che sarebbe superfluo, e tedioso per i nostri Lettori, se ancora lo facessimo. Ragion per cui, questa volta, ci soffermeremo, esclusivamente, sulle contraddizioni e sulle manchevolezze di quei consiglieri comunali che appartengono all’MPA e che rivelano un comportamento politico a dir poco penoso. Coloro che militano nel partito di Lombardo – altro enigmatico personaggio, che quanto prima potrebbe essere costretto alle dimissioni, nel caso sia rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa – sono portatori di una concezione della politica che è erede diretta dei compromessi, delle ambiguità e delle omissioni di quella Democrazia Cristiana che tanti danni ha arrecato al nostro Paese.
Una classe politica, quella dell’MPA, che sconosce i valori della coerenza, del mantenimento degli impegni assunti, della lealtà, della ferma volontà di fare, a qualunque costo, gli interessi della città che rappresenta. In questi anni, in cui è stata realizzata questa anomala alleanza tra MPA e PD, abbiamo assistito a delle autentiche sceneggiate che sono state rappresentate sul teatrino costruito, ormai da molti anni, a palazzo San Domenico. Più volte abbiamo assistito alla farsa di un’Amministrazione instabile e litigiosa che, ipocritamente, presentava come normale dialettica democratica gli ultimatum di Minardo: l’ultima, che ancora una volta è stata presentata come una richiesta di normale avvicendamento nelle deleghe assessoriali, è stata quella che ha costretto Buscema a dar vita all’ennesimo valzer delle poltrone, sol perché il signor Minardo aveva deciso di sbarazzarsi di Enzo Scarso!
Questa indecorosa messinscena è risultata ai cittadini ancora più insopportabile, perché, ignorando il senso del ridicolo, è stata presentata, facendo ricorso ad una indisponente ipocrisia, come un passaggio necessario, a livello amministrativo, per rilanciare l’azione della Giunta: per il bene della città, naturalmente! A questa pantomima la città è ormai abituata, speriamo non rassegnata, ma, adesso, e la cosa va avanti da molto tempo, siamo costretti ad assistere anche ad un altro squallido spettacolo, quello dei politici nostrani (dell’MPA, ovviamente) che da un lato si ergono a paladini del risanamento finanziario dell’Ente e dall’altro contribuiscono, come se niente fosse, allo sperpero del denaro pubblico: ci riferiamo a quei consiglieri che troppo spesso sono assenti dai lavori consiliari e che per giunta, non di rado – come denunciato dal consigliere di Una Nuova Prospettiva Nino Cerruto sullo scorso numero del mensile “Dialogo” – “presentano emendamenti ad atti consiliari di concerto con i consiglieri dell’opposizione ignorando e trascurando del tutto un minimo di confronto con quelli che dovrebbero essere i consiglieri che sostengono l’Amministrazione”.
Cerruto, prosegue, poi, evidenziando lo spettacolo poco edificante dei consiglieri dell’opposizione che spesso, in Consiglio Comunale, fanno mancare il numero legale, gravando in tal modo sulle casse comunali. Assistiamo, insomma, al comportamento, a dir poco esecrabile, di consiglieri che si riuniscono, intascano il gettone di presenza, e non deliberano su nulla. L’aspetto drammatico, e per certi versi esilarante, è rappresentato dal fatto che quando questi zelanti rappresentanti del popolo si ritrovano a rilasciare dichiarazioni alla stampa non mancano mai di condire le sciocchezze che sovente dicono, e per giunta in un italiano assai discutibile, con la celeberrima frase “per il bene della città”, senza rendersi nemmeno conto che l’unico modo in cui concretamente potrebbero davvero fare il bene della loro città sarebbe quello di togliere il disturbo e tornare a fare il loro lavoro, anche se, per molti, ce ne rendiamo conto, ciò significherebbe tornare ad essere dei disoccupati.
E’ intollerabile che i cittadini di questa città debbano pagare di tasca loro dei personaggi politicamente incapaci, cui nulla interessa della città che, non sempre, degnamente rappresentano. Vorremmo poi ricordare al presidente del Consiglio Comunale che coloro i quali si assentono dai lavori consiliari per tre sedute consecutive – e ci risulta che ciò a Modica sia accaduto – decadono ai sensi dell’art. 219 dell’O.R.E.L (Ordinamento Regionale Enti Locali) della Regione Siciliana: il presidente del Consiglio Comunale, pertanto, faccia il suo dovere, vada a controllare ed eventualmente prenda gli opportuni provvedimenti. I cittadini modicani stanno già pagando, e salatamente, l’allegra gestione delle finanze comunali attuata dalle precedenti amministrazioni, da quella retta da Piero Torchi in modo particolare. Non ci sembra opportuno che le loro tasche debbano essere ulteriormente alleggerite per pagare consiglieri comunali che anziché fare il loro lavoro preferiscono spesso passeggiare, allegramente e spensieratamente, facendo la spola tra piazza monumento e la ben nota latteria!
UN FUTURO NEBULOSO E POCO RASSICURANTE
Diceva, papa Pacelli, che il più grande peccato è quello di aver perso il senso del peccato. Parafrasando Pio XII, e riferendoci all’attuale classe politica nazionale e locale, potremmo dire che la sua più vistosa – certamente non la più grave – manchevolezza è quella di non sapere ammettere le proprie manchevolezze: le omissioni compiute e gli errori commessi quando è stata al potere, e che cerca poi di far dimenticare, confidando, evidentemente, nella scarsa memoria o nella dabbenaggine dei cittadini. Queste considerazioni ci sono state sollecitate dal fatto che, da qualche tempo, a Modica, le forze di opposizione hanno assunto nei confronti della maggioranza un atteggiamento così astioso e dei toni così aspri come mai si erano visti: evidentemente la campagna elettorale è già iniziata!
A proposito della polemica tra Buscema e Nino Minardo, sulla questione del Tribunale, alcuni consiglieri comunali del PDL hanno dichiarato che il sindaco “continua a crogiolarsi attorniato da una pattuglia che cura la sua immagine e la sua esposizione mediatica che neppure Obama si sogna”. E’ veramente paradossale che a dire questo siano coloro che hanno sostenuto un sindaco come Torchi, che proprio alla sua indisponente esposizione mediatica legò le sue fortune elettorali. Il portavoce dell’UDC, Papé Rizzone, accusa poi l’Amministrazione Buscema di non saper salvaguardare il centro storico della città e di essersi accorta solo adesso, in concomitanza con i finanziamenti regionali, che Modica è una città patrimonio dell’UNESCO: insomma questo governo non sarebbe in grado di proteggere e salvaguardare la città che amministra. Se i consiglieri dell’UDC e del PDL si limitassero a criticare l’attuale maggioranza saremmo ovviamente nell’ambito della normale dialettica politica; il dato inaccettabile, a nostro avviso, è che le critiche sono strumentali ad un’altra finalità: tessere le lodi della precedente amministrazione.
Il PDL, con la sua pochezza ideologica e con la statura morale del suo leader, ci sembra sempre più rassomigliare alla celebre notte hegeliana in cui “tutte le vacche sono nere”: esso è il regno dell’indistinto e dell’indeterminato; dopo quasi vent’anni, non si capisce ancora cosa sia, che cosa voglia, che progetto abbia. Per quanto riguarda il partito di Cuffaro – lo abbiamo già detto ma credo che sia utile ripeterlo - è quello che ha in Sicilia il maggior numero di indagati e condannati e che anche a livello nazionale occupa le primissime posizioni in questa poco edificante graduatoria: è dunque un partito che non ha titoli per fare la morale ad alcuno! In un Paese serio, l’UDC sarebbe già uscito di scena, ma nella nostra malata Repubblica sopravvive, e in Sicilia, chissà perché, addirittura prospera! Sopportarne la presenza è già un peso oltremodo gravoso; sentirlo pontificare è veramente insopportabile e intollerabile.
Ma a questo punto è doverosa una precisazione. Le nostre critiche all’UDC e al PDL non nascono certo dall’intenzione di prendere le difese dell’ Amministrazione Buscema: coloro che ci leggono sanno bene quante critiche le abbiamo rivolto in questi anni e quanto sia siderale la distanza che ci separa da Buscema e soprattutto da Riccardo Minardo; la nostra precisazione, pertanto, è ad esclusivo beneficio di coloro che sono distratti o affetti da labile memoria. Quando gli esponenti dell’attuale minoranza celebrano le lodi della precedente Amministrazione è naturale chiedersi: ma dov’erano costoro quando Piero Torchi e con lui i tanti assessori che si alternarono sulle loro comode poltrone “cambiavano” questa città; dov’erano quando promettevano il famoso ”futuro da raccontare” e altre simili sciocchezze, mentre Modica veniva trascinata nella più avvilente devastazione? Possibile che in tutti quegli anni si siano sempre distratti? E se così non è, non ritengono che sia assai deludente sul piano politico e intellettuale farne un’ acritica difesa d’ufficio?
Onde evitare che i Lettori, quelli più giovani in modo particolare, possano essere indotti a credere che durante il governo Torchi nella nostra città fu realizzato il “migliore dei mondi possibili” e che questa divenne il paese dell’Eldorado, riteniamo cosa utile rinfrescare la memoria a coloro che a Torchi lo sostennero e dire come realmente andarono le cose a coloro che non lo ricordano o non lo sanno.
E’questo un dovere morale, quasi un imperativo categorico, al quale non possiamo e non vogliamo sottrarci. Cominciamo dalle omissioni: dalla mancata approvazione del piano regolatore generale al totale abbandono in cui fu lasciata – e continua ad esserlo – Cava d’Ispica; dalla mancata realizzazione del parco di Monserrato – che anche oggi, con Buscema, è sempre più sommerso dalle erbacce – agli impianti sportivi e alle bambinopoli (quelle vere, naturalmente) che dovevano essere realizzati, e non lo furono, in ogni quartiere della città; dalla perdita della facoltà di Giurisprudenza alla mancata inaugurazione della Biblioteca Comunale, che la città sta ancora aspettando; dalle infiltrazioni d’acqua nei palazzi di Treppiedi nord alla dilagante umidità nella case del rione S. Andrea, a causa di una rete idrica fatiscente e ridotta a un colabrodo.
Per quel che concerne le malefatte, come non ricordare le centinaia di ulivi e carrubi abbattuti in contrada Zimmardo, perché si era deciso di costruirvi un kartodromo, in ossequio, naturalmente, alla politica della giunta Torchi, quella del “panem et circenses”; e come dimenticare Cava Gisana che si era deciso di devastare facendovi costruire un impianto di biomassa e Contrada Cella, una zona dalla splendida vegetazione e ricchissima di fauna, dove fu sventrata una collina perché vi si potesse estrarre roccia calcarea. Il portavoce dell’UDC cittadino si preoccupa della salvaguardia del nostro centro storico, ed è giusto che sia così, ma non ritiene che la stessa attenzione andava riservata all’Amministrazione, presieduta da un sindaco del suo stesso partito, ogni qualvolta dimostrava di essere disposta a deturpare zone sottoposte a vincoli ambientali e paesaggistici?
Alle omissioni e alle malefatte vanno poi aggiunte le brutture, come l’orripilante fontana dello Stretto (è vero che furono altri a progettarla, ma questo non toglie la colpa di averla realizzata) al progettato ascensore che avrebbe dovuto unire Modica alta con Modica bassa, salendo da S. Maria fino S. Teresa: per fortuna, quella volta, la Sovrintendenza, proprio per motivi di impatto ambientale, bocciò il progetto ed evitò che la città venisse ancora una volta sfigurata da opere inutili e orrende. Non possiamo poi tacere sulla volgarità delle fiere, delle sagre, delle notti bianche e delle giostre fasulle; sul famoso piano del traffico sempre annunciato e mai realizzato e sulla selvaggia cementificazione della città.
E come non ricordare, infine, la celebre inaugurazione, da parte di Torchi, della strada oggi intitolata a Peppino Impastato, inaugurata in fretta e furia e in pompa magna il giorno prima delle amministrative, ben sapendo che il giorno dopo sarebbe stata sventrata per dotarla della rete idrica e fognaria. Sempre “per il bene della città”, naturalmente!
Per quanto riguarda l’Amministrazione Buscema siamo pienamente convinti che non abbia fatto meglio della precedente: ed è questo il problema. La classe politica modicana è colpevole nella sua interezza: colpevole di avere anteposto i suoi interessi personali e quelli di partito alle necessità e alle aspettative della città che ha amministrato e che amministra. Così come nella fede non può esserci un cammino di salvezza senza pentimento, anche nella politica non può esserci un cambiamento di rotta, un’ inversione di tendenza, un proficuo miglioramento, se la classe politica non è in grado di prendere coscienza delle sue omissioni e delle sue malefatte, se continua a curare l’orticello della propria fazione, dei propri amici e dei propri parenti, fregandosene del bene comune. Non può esserci un’ emendazione della politica, fin quando gli esponenti dei partiti – siano essi al governo o all’opposizione – si lanciano attacchi e insulti e il loro unico obiettivo è la ricerca di una stupida quanto inutile visibilità. La politica non può essere intesa come servizio alla città finché le critiche, fra le diverse coalizioni, vengono fatte non per spronarsi reciprocamente ad un maggiore impegno e ad una più matura concezione della pubblica utilità, ma per rifarsi una verginità politica – appannata o forse mai posseduta - in vista delle prossime elezioni.
Da queste considerazioni scaturisce il nostro pessimismo: la classe politica della nostra città, non tutta ovviamente ma certamente la maggioranza, non ci sembra sufficientemente dotata sotto il profilo politico e sotto quello della formazione culturale per poter realizzare quell’autocritica necessaria ad amministrare la città in modo serio, maturo e responsabile. Opposizione e maggioranza, in considerazione del disastro che hanno prodotto, ed essendosi dimostrati incapaci di fare ammenda delle loro colpe, dovrebbero, in occasione delle prossime amministrative, togliere il disturbo, perché la città, finalmente, possa individuare delle persone colte, disinteressate, competenti – provenienti dal mondo delle professioni e delle categorie produttive e non da quello della politica - che siano disponibili a trarre Modica fuori dalle sabbie mobili – quelle dell’ incapacità e degli interessi di bottega - in cui questa classe politica ha condotto la città. Questo è ciò che auspichiamo. Se ciò non avverrà, il futuro di Modica sarà sempre più nebuloso e sempre meno rassicurante!
Maggio 2012
LA CARICA DEI QUINDICIMILA
Il 6 il 7 maggio, in sei comuni della nostra provincia, si sono svolte le elezioni amministrative; i cittadini, pertanto, sono stati chiamati ad eleggere sindaci e consiglieri comunali. La democrazia, diceva Churchill, è la peggiore forma di governo, però migliore di tutte le altre che siano mai state tentate. Tuttavia, quando ad esercitare la partecipazione democratica è un popolo come quello italiano, la democrazia finisce per assumere solo connotazioni negative. Essa diventa come un triste palcoscenico di un vecchio teatro di periferia, su cui si alternano commedianti, burattini e qualche losco burattinaio, tutti accomunati da un unico obiettivo: fare il grande salto, prima o poi, per approdare su palcoscenici ben più prestigiosi e remunerativi; non certamente mossi dal disinteressato amore per l’arte, ma dal meschino desiderio di rimpinguare i loro portafogli. In Sicilia, in occasione di queste amministrative, abbiamo assistito alla carica dei quindicimila, per conquistare, in 147 comuni, 2387 posti di consigliere comunale. Per quanto riguarda la provincia di Ragusa, per sei comuni abbiamo avuto 21 candidati sindaci; per quel che riguarda i consiglieri comunali, a Scicli sono stati 260 a contendersi 20 posti, a Pozzallo 300 per conquistarne 30 e a Vittoria ben 663 a contendersene 30. In questo periodo, in cui tutti si dichiarano preoccupati per l’impetuoso avanzare della cosiddetta antipolitica, la nostra provincia, come tutta la Sicilia, è sembrata essere immune da tale preoccupazione. E’ commovente la passione che anima questi eroi della politica; migliaia di persone mosse unicamente dal desiderio di spendersi per gli altri, di sacrificarsi per la crescita delle loro città e dell’intera provincia. Intenerisce il cuore la loro disinteressata dedizione ai bisogni dei loro concittadini e la loro sincera aspirazione a conquistare un posto nel Palazzo al solo scopo di consacrare la loro vita al bene della collettività. Altro che antipolitica! La provincia di Ragusa, come tutta l’Isola, dimostra, ancora una volta, che la nostra Sicilia è pervasa da una maturità politica che non ha pari nel resto del Paese e che è permeata da una coscienza civile che ci inorgoglisce e ci entusiasma! La lotta per sedere in un civico consesso è stata aspra e senza esclusione di colpi: ciò però non va biasimato, ma compreso. Occorre infatti tenere presente che questo “esercito della salvezza”, questo “ eroico battaglione”, questa “intrepida avanguardia” , che non conosce ostacoli e paure, ha di fatto combattuto una guerra, ha corso anche il rischio di soccombere, pur di raggiungere la meta, mossa soltanto dall’unico scopo di perseguire sempre e comunque il bene dei propri concittadini! Troviamo quindi ingiusto che qualcuno abbia avanzato dei dubbi sulla trasparenza e sulla purezza dei suoi ideali, insinuando il sospetto che tale guerra sia stata combattuta da disoccupati in cerca di lavoro, da falliti bisognosi di una qualche gratificazione, da arrivisti che sognano una comoda poltrona assessoriale, da biechi personaggi senza scrupoli che vedono la politica come mezzo di arricchimento personale, da ominicchi e quaquaraquà che non vedono l’ora di diventare consiglieri telecomandati al servizio del potente di turno, in attesa di essere poi ricompensati dal loro padrone con qualche posto di sottogoverno, magari inutile e insignificante, ma ben remunerato! Ma queste sono le solite considerazioni dei malpensanti! Noi, invece, continuiamo a commuoverci dinanzi alla dedizione, al candore e al disinteresse di questo esercito senza macchia, che ha marciato impavido sui sacri sentieri dell’abnegazione, dell’altruismo e del sacrificio! Pensavamo che le ultime vicende di questo tempo che stiamo vivendo - il tempo dei tesorieri che rubano al loro partito, dei finti diplomi, delle fasulle lauree padane e della corruzione che ormai dilaga in tutti i settori in cui si è infiltrata la politica – avessero ingenerato nei cittadini un sano ripudio non della politica in sé ma di “questa” politica e avessero determinato un netto rifiuto dei tradizionali modi di intenderla: ma nulla di questo è avvenuto! In Sicilia, come abbiamo già detto, sono stati in quindicimila a contendersi 2387 posti nei consigli comunali: un tempo, questa enorme sproporzione tra partecipanti e posti a disposizione la si vedeva solo nei pubblici concorsi; la considerazione che ne deriva è davvero avvilente, anche se lo si sapeva già: la politica è ormai un mestiere, il più ambito di tutti, perché se vi si fa carriera, ci si assicura un futuro fatto di quattrini, affari e privilegi. Una volta, noi italiani, eravamo un popolo di santi, poeti e navigatori, adesso siamo un popolo di cialtroni, incapaci di costruirci un futuro col sudore della fronte, di misurarci quotidianamente con la fatica del lavoro. Un popolo vittima di una inutile quanto stupida altezzosità: tutti, anche gli asini e gli idioti, devono conseguire l’ambita laurea e nessuno è più disposto a coltivare la terra o a svolgere i lavori cosiddetti “umili”; è lo stesso popolo che poi piagnucola per la mancanza di lavoro! Anziché insegnare ai nostri figli che ogni lavoro, se fatto onestamente, è dignitoso, anziché educare coloro che lavorano al valore della fatica quotidiana e coloro che studiano all’importanza di un impegno serio e costante e a costruirsi con tenacia il proprio futuro senza bivaccare nelle segreterie politiche, li esortiamo a fare i candidati, a riempire liste elettorali e a lottare per conquistare una poltrona nel Palazzo, una qualsiasi, purché permetta loro di avere soldi e potere senza far nulla. Noi non siamo soltanto un popolo di cialtroni, siamo anche e soprattutto un popolo di autentici fannulloni!
POCHEZZA IDEOLOGICA E RIPROVEVOLE INCOERENZA
Le recenti elezioni amministrative in sei comuni della nostra provincia - nelle quali, tra l’altro, si è registrato, rispetto alla precedente consultazione, un calo non indifferente (5,4%) per quanto riguarda l’affluenza alla urne - sono state, a nostro avviso, l’ennesima farsa andata in scena sull’ormai ben noto teatrino della politica. Proveremo a spiegarne i motivi, ma prima ci sembra opportuno delineare un quadro riassuntivo di come sono andate le cose per i principali partiti che hanno preso parte alla competizione elettorale. Il Partito Democratico è quello che può affermare di aver vinto. Nonostante non ce l’abbia fatta a Chiaramonte e a Monterosso, risulta essere il secondo partito a Scicli e il primo a Pozzallo, considerata anche la lista “Roberto Ammatuna Sindaco” ad esso collegata; i candidati che ha sostenuto vanno al ballottaggio a Scicli e Pozzallo, e i candidati sindaci da esso appoggiati, insieme all’MPA, sono stati eletti a Santacroce e a Giarratana.
Il risultato ottenuto dal Movimento per l’Autonomia mostra luci ed ombre: ha fatto convergere i suoi voti, sebbene nell’ambito di una coalizione assai vasta, su Francesco Susino che va al ballottaggio a Scicli; il suo candidato diventa primo cittadino a Monterosso, anche a Giarratana e a Santacroce coloro che sono stati eletti sindaci lo sono stati anche grazie ai suoi voti, in questo caso, però, ha certamente pesato l’alleanza col partito democratico. L’MPA perde invece a Chiaramonte e delude a Pozzallo, dove il suo candidato non va oltre un modesto 12% e anche il voto di lista non può certo essere considerato esaltante. Per quanto riguarda l’UDC, ha avuto un’ottima affermazione a Scicli dove si è affermato come il primo partito, ma questo era nelle previsioni, considerata la presenza del deputato Orazio Ragusa. Per il resto raggiunge risultati assai modesti: perde, e male, a Pozzallo, con soli 262 voti di lista, e negli altri quattro comuni non uno dei suoi candidati riesce a farcela. Peggio dell’UDC ha fatto solo il PDL: gli è andata bene soltanto a Pozzallo, grazie alla lista “Il popolo moderato” - vicina al deputato Nino Minardo - che insieme al PD ha sostenuto la candidatura di Roberto Ammatuna. Per il resto il PDL è andato incontro ad una vera e propria débacle: perde a Scicli, Chiaramonte, Giarratana, Monterosso e Santacroce. Per quel che riguarda SEL (Sinistra, Ecologia e Libertà) i candidati che ha sostenuto vanno al ballottaggio; quello che appoggiava a Santacroce, invece, non va oltre il 14% dei consensi.
Questo dunque è il quadro di come sono andate le cose, ma, al di là di come sono andate, resta l’amarezza di aver constatato ancora una volta che nel nostro Paese la partitocrazia è una mala pianta che difficilmente potrà essere estirpata. Per sei comuni sono scese in campo ben trenta liste civiche, ma non ci siamo mai illusi; non abbiamo mai creduto, infatti, che ciò rappresentasse un segno di rivalsa della cosiddetta società civile nei confronti dei politici di professione o un moto d’orgoglio dei cittadini, desiderosi di liberarsi dalla dittatura dei partiti, che ormai, è sotto gli occhi di tutti, non sono più in grado di interpretare le istanze del popolo. Trenta liste civiche, ma tutte organiche ai partiti; insomma uno specchietto per le allodole, buone soltanto a raccattare voti e a rendere ancora più farsesca una competizione elettorale già inficiata da altre situazioni poco edificanti di cui ora diremo. Una è costituita dal fatto che a manovrare le fila in questo teatro dei pupi sono stati, come sempre, i politici di lungo corso: Roberto Ammatuna a Pozzallo, Pippo Di Giacomo a Santacroce, Orazio Ragusa a Scicli, Sebastiano Gurrieri a Chiaramonte e ovviamente l’onnipresente Riccardo Minardo, in provincia leader indiscusso dell’MPA. Stiano certi i cittadini dei comuni in cui si è votato: quando si tratterà di deliberare su cose ritenute importanti, i burattinai faranno valere il loro potere e la loro forza elettorale e i sindaci che hanno tratto vantaggio dal loro interessato appoggio saranno costretti ad obbedire! Con la ovvia eccezione di Ammatuna, naturalmente, che, nel caso risultasse eletto, avrà un compito meno impegnativo, dovendo obbedire soltanto a stesso!
Il vecchio, e purtroppo sempre attuale, modo di fare politica è il vero vincitore di questa competizione elettorale e ciò e dimostrato dal fatto che essa ha sancito il trionfo delle anomale alleanze e delle grandi ammucchiate: il PD e il PDL a Pozzallo; a Chiaramonte, addirittura, con la benedizione dell’ex deputato Gurrieri, si è consumato l’abbraccio tra La Destra e l’Italia dei Valori; a Monterosso, la grande ammucchiata ha visto lottare tutti insieme appassionatamente il PD, l’UDC e il PDL. La nostra ultima considerazione la riserviamo alla pochezza ideologica e alla riprovevole incoerenza di questi partiti ormai indegni di rappresentare quella parte della cittadinanza che crede ancora nella dignità della persona, nella sua coerenza e nella trasparenza dei comportamenti e degli obiettivi. Questo lo spettacolo indegno che ci è stato offerto da queste amministrative: il Movimento per l’Autonomia alleato con l’UDC a Scicli, col PD a Santacroce e a Giarratana e col PDL a Chiaramonte; il Partito Democratico alleato con l’IDV e SEL a Scicli, col PDL a Pozzallo, con l’MPA a Santacroce e a Giarratana e con l’UDC a Chiaramonte; Il Popolo delle Libertà col PD a Pozzallo, con l’MPA a Chiaramonte, col PD e l’UDC a Monterosso; l’UDC, infine, alleato con l’MPA a Scicli, con Grande Sud a Santacroce, col PD a Chiaramonte, col PD e il PDL a Monterosso. Insomma, i nostri “beneamati” (si fa per dire!) partiti dimostrano di essere buoni per tutte le stagioni!
L’aspetto più indisponente di questo squallido spettacolo è che i loro esponenti non arrossiscono di vergogna e non provano imbarazzo per questi repentini cambi di casacca. L’ansia di conquistare il potere, la prospettiva di guadagnare più quattrini, la speranza di ottenere una poltrona che consenta di sistemare parenti, amici e amici degli amici, prevalgono ineluttabilmente sul valore della coerenza e della chiarezza. Ai cittadini inconsapevoli rimane l’illusione di aver democraticamente partecipato alla costruzione del futuro della loro città: a quelli consapevoli la certezza che la nostra democrazia è giunta al capolinea!
IL CEMENTO E LA RIQUALIFICAZIONE URBANISTICA
Su disposizione della Procura della Repubblica, i carabinieri hanno posto sotto sequestro l’alveo del torrente Pozzo dei Pruni nella zona della Vignazza, in un’area di circa trentamila metri quadrati. L’indagine è scaturita da un esposto dei residenti, preoccupati per il restringimento della parte finale del torrente e dunque dell’eventuale rischio idrogeologico che ne potrebbe scaturire. Il sindaco e l’assessore alle opere pubbliche si sono affrettati a precisare che l’area posta sotto sequestro non è quella interessata al piano di edilizia abitativa, quella di cui ci siamo occupati, su questo giornale, nel numero dello scorso 28 febbraio.
Buscema e Sammito, con la loro dichiarazione, hanno voluto evitare che anche loro possano essere annoverati, dall’opinione pubblica, tra i responsabili della selvaggia cementificazione della città. Si tratta, in verità, di un’altra aggressione al tessuto urbanistico di Modica, che si tenta di nascondere spacciandola per un piano di riqualificazione. L’intervento dei due amministratori non ci rassicura affatto: lo scopo era quello di ribadire, ancora una volta, le alti doti amministrative di questa coalizione, ed invece la loro puntualizzazione mette in rilievo la limitatezza del loro orizzonte politico-amministrativo e l’intenzione di non assumersi le loro responsabilità. Emerge, pertanto, per l’ennesima volta, la preoccupante pochezza politica della nostra classe dirigente: qualche decina di metri di distanza, infatti, diventa lo spartiacque tra cattiva e buona politica, tra pessima e lungimirante capacità amministrativa. Le due aree, infatti, sono adiacenti, per cui entrambe ricadono in una zona dove la confluenze delle acque, in caso di piogge persistenti, costituirebbe un rischio non indifferente per gli abitanti del quartiere.
Sindaco e assessore da un lato affermano che dalla vicenda emerge la necessità di prestare sempre un’elevata attenzione alla tutela preventiva del territorio e sostengono che l’area presenta tante criticità e dall’altro consentono di aggredirla con un piano edilizio che prevede la costruzione di sette edifici elevati fino al sesto piano a ridosso dell’alveo, con i connessi e preoccupanti rischi idrogeologici; in una zona, peraltro - lo abbiamo già detto - che è fra quelle indicate come centro di raccolta in caso di calamità naturale. E’ comunque importante che i nostri concittadini della Vignazza stiano dimostrando una costante attenzione per ciò che accade nel loro quartiere, perché, al di là della demagogia e delle favole – come quella che ha riguardato l’incontro degli amministratori coi cittadini di quel quartiere e che avrebbe visto i secondi tornare a casa felici e contenti per le rassicurazioni ricevute da sindaco e assessori – chi abita da quelle parti è seriamente preoccupato per questa “riqualificazione” della zona in cui vive, ovvero di dover subire la presenza di sette mostri di cemento, con gravi danni per l’ambiente e con rischi non indifferenti per la sua sicurezza. Ci chiediamo quali potrebbero essere “gli effetti benefici a favore dei residenti e di tutta la cittadinanza”: forse qualche palma qua e là e l’ennesima rotatoria?
La vicenda ci ricorda tanto quei quattro giochini accostati alla rinfusa in dieci metri quadrati circondati dal cemento dei palazzi e che l’amministrazione Torchi osava definire bambinopoli: adesso, ci cementifica una zona del centro storico cittadino e tutto ciò lo si definisce “riqualificazione”. Noi non abbiamo specifiche competenze in materia, ma non siamo così ignoranti da non sapere che la riqualificazione di un ambiente urbano è davvero un’altra cosa e troviamo assai grave che non lo sappiano coloro che amministrano la città. Non siamo nemmeno così ingenui da non capire che non è facile cestinare un progetto da 17 milioni di euro, ma la sicurezza delle persone e la salvaguardia dell’ambiente devono sempre e comunque prevalere. L’amministrazione Buscema, che ha girato in lungo e in largo la città per incontrare i cittadini, adesso farebbe bene ad ascoltarli veramente. Quelli della Vignazza vorrebbero che il loro quartiere fosse reso vivibile, vorrebbero degli incentivi economici per ristrutturare le loro vecchie abitazioni, un parco giochi per i loro bambini, la costruzione di infrastrutture di carattere sociale e una vera riqualificazione delle vie del quartiere, e, soprattutto, dalle loro case vorrebbero guardare il verde degli alberi e non il grigiore del cemento. Lasciamo perdere il Movimento per l’Autonomia, ma almeno il partito di Buscema faccia ciò che vogliono i cittadini e non ciò che ha deciso il Palazzo: in tal modo, se non altro, sarà coerente con il nome che si è dato!
Giugno 2012
No alla decadenza per Aprile e Gerratana
IL CONSIGLIO COMUNALE DI MODICA E LA CAPTATIO BENEVOLENTIAE
Su La Pagina dello scorso 12 aprile avevamo esortato il presidente del consiglio comunale di Modica a intraprendere le opportune iniziative per fare rispettare l’articolo 219 dell’OREL (Ordinamento Regionale Enti Locali) che prevede la decadenza di quei consiglieri comunali che si assentano dal civico consesso per tre consecutive convocazioni. La nostra esortazione nasceva dal fatto che i consiglieri Giorgio Aprile e Nino Gerratana avevano disatteso tale norma. Ci fa piacere, naturalmente, che l’avvocato Scarso, nella sua qualità di presidente, abbia fatto il proprio dovere e difatti la questione è stata discussa nella seduta consiliare dello scorso 31 maggio. Conoscendo i limiti della civica assise modicana – li abbiamo descritti, detti e ribaditi innumerevoli volte – eravamo consapevoli che il risultato della seduta sarebbe stato deludente, ma è ovvio che, in questi casi, rimane comunque acceso un barlume di speranza.
Ancora una volta, quindi, ci tocca constatare l’avvilente inadeguatezza del nostro consiglio comunale ad affrontare le questioni serie con decisione e responsabilità. Al di là delle tre consecutive convocazioni alle quali Aprile e Gerratana non hanno risposto, il dato preoccupante è costituito dal fatto che in questa legislatura, su 181 sedute, Gerratana ha collezionato 80 assenze e Aprile addirittura 122! I due, ovviamente, hanno cercato di giustificare il loro comportamento che - dal punto di vista politico, ovviamente – è inqualificabile: Gerratana ha addotto motivi di carattere politico e lavorativo; Aprile di non precisata natura personale. Il dato allarmante, invece, è rappresentato dal fatto che 18 consiglieri, per Aprile, e 21, per Gerratana, hanno votato contro la decadenza, e pertanto i due consiglieri, di fatto, è come se venissero autorizzati a potersi ancora assentarsi a loro piacimento. Non è poi da trascurare il fatto che votando per la loro permanenza in consiglio, il civico consesso ha deciso di non tenere conto di una ben precisa norma dell’ordinamento regionale.
E’ vero che in base all’articolo 17 del regolamento del consiglio comunale, è quest’ultimo ad avere la facoltà di accettare o meno le giustificazioni addotte, ma ci sembra che la scelta fatta dimostri, ancora una volta, l’inadeguatezza culturale del consiglio comunale, la sua incapacità ad avere una visione ampia e critica delle problematiche che affronta, la sua grettezza politica che si esplicita nel fermarsi alla disamina del fatto in sé, senza la benché minima capacità di saperlo interpretare e collocare in una prospettiva più ampia, che consenta di coglierne le implicazioni morali, culturali e politiche. Qui non si tratta di esprimere giudizi sulle persone, che mai ci permetteremmo di fare, ma di valutare il loro impegno al servizio della cittadinanza: Gerratana ha una percentuale di assenze del 50% e Aprile del 76%: qual è mai il recondito motivo per cui sono stati autorizzati a continuare a frequentare il consiglio comunale?
A tal proposito, Gerratana ha dichiarato: “ Da oggi rinuncerò ai gettoni di presenza”. Ciò, se la logica ha un senso, significa che se tale questione non fosse stata sollevata non avrebbe rinunciato a percepirli: il consigliere Gerratana evidentemente non sa che in certi casi il silenzio è d’oro! Aprile invece si è limitato ad affermare: “ Faccio pubblica ammenda per le mie mancate presenze”, ma non ha fatto alcun riferimento ai gettoni di presenza, che dunque continuerà “meritatamente” a percepire! La decisione che è stata presa è gravissima e i motivi per cui lo è, ovviamente, trascendono il caso dei due consiglieri, che rimane un fatto comunque limitato e circoscritto. In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui si è raggiunto, nella storia della nostra Repubblica, il più alto livello di disgusto dei cittadini verso la classe politica che dovrebbe rappresentarli, la civica assise di Modica, pur nel piccolo contesto locale in cui agisce, avrebbe dovuto sentire il dovere di dare alla cittadinanza un segnale di rottura con la politica dei compromessi, degli accordi sotto banco, del consociativismo, della solidarietà parentale e dell’appartenenza partitica, ed ha mostrato, invece, di essere anch’essa una piccola casta pronta a serrare i ranghi in difesa degli associati, certamente non per amicizia degli uni verso gli altri: il vero motivo di questa solidarietà – comunque non giustificabile – è quello della captatio benevolentiae: non si sa mai, infatti, che cosa possa riservare il futuro, meglio, quindi, mettersi al sicuro! In un nostro recente articolo, abbiamo scritto che, in considerazione del disastro che hanno prodotto, maggioranza e opposizione, alle prossime elezioni amministrative, farebbero bene a togliere il disturbo: non possiamo che reiterare il nostro invito, pur sapendo, naturalmente, che resterà inascoltato.
Non riteniamo, infatti, che a Modica ci siano i presupposti perché i politicanti che da anni frequentano il Palazzo – e quelli come loro che lo frequenteranno (portaborse e frequentatori di segreterie politiche che pazientemente aspettano il loro turno) – possano emergere dalla loro mediocrità politica. Per le prossime amministrative già si annunciano liste civiche e auto candidature a sindaco: la sceneggiata è incominciata! Ci auguriamo che il teatro dei pupi, che allieterà i nostri giorni fino a quello fatidico delle elezioni, possa almeno strapparci un sorriso e lenire l’amarezza per il sonno in cui giace la ragione in questa città, dove pochi burattinai manovrano a loro piacimento migliaia di burattini.
A proposito delle ultime dichiarazioni del deputato Nino Minardo
LA RIGENERAZIONE DELLA POLITICA
Su “Il Giornale di Sicilia” dello scorso 15 giugno è stato pubblicato un articolo dal titolo “PDL. E’ necessario rigenerare i partiti e la politica”: per l’ennesima volta abbiamo letto le paradossali e indisponenti dichiarazioni dell’on. Minardo. Ci perdonino i nostri Lettori, ma dobbiamo necessariamente riportare un breve campionario di queste dichiarazioni infarcite di retorica. La prima riguarda la rigenerazione della politica, e, ovviamente, sarebbe lui, Nino Minardo, colui che vuole e che può rigenerarla. L’onorevole prosegue, poi, con questo “originale” scampolo di prosa:
“Senza pudore si continua a dare l’impressione errata (sic!) che nel dibattito politico contino più sotterfugi, tatticismi, fughe in avanti e marce indietro; insomma quei giochetti della politica che hanno fatto allontanare la gente dai partiti (…) ciò vuol dire che c’è chi continua ad anteporre i suoi interessi a quelli generali. E non va bene”.
Finalmente una cosa su cui concordiamo con Minardo: infatti non va bene, non va per niente bene! Non va bene che un deputato nazionale possa pervicacemente offendere l’intelligenza altrui; non la nostra ovviamente: l’età e l’esperienza ci hanno ormai resi immuni da questi attacchi, ma quella dei giovani, che magari potrebbero vedere nell’onorevole Minardo il cavaliere senza macchia in grado di trarre la loro città fuori dalle secche limacciose in cui è stata trascinata da quella politica che Minardo dichiara di ripudiare e che è la stessa che lo ha generato! Minardo ha naturalmente il diritto di dire ciò che vuole, ma noi rivendichiamo il nostro, che è quello di indignarci dinanzi ad episodi che contraddicono in maniera eclatante ciò che asserisce.
Le vicende che in questi anni lo hanno visto protagonista sono l’antitesi della politica rigenerata di cui ora si fa paladino. Nell’ottobre del 2008 si scagliò contro l’ASL ragusana perché, a suo parere, elargiva consulenze amministrative ad esperti, sperperando in tal modo il denaro pubblico, e ironizzava sulle loro presunte competenze. Ebbene, lo scorso mese di marzo la Corte d’Appello gli ha confermato la condanna subita in primo grado – sebbene ridotta da un anno ad otto mesi – per abuso d’ufficio commesso quand’era presidente del Consorzio autostrade siciliano, per aver nominato l’ingegnere Vincenzo Pozzi – con un compenso annuo di 107 mila euro – direttore generale del Consorzio che lui presiedeva. Un abuso, in quanto non ricorreva il presupposto dell’impossibilità oggettiva di utilizzare personale interno. Insomma, questo lungimirante deputato accusava con veemenza l’Asl di Ragusa per aver fatto delle cose simili a quelle che lui aveva fatto un anno prima come presidente del CAS. Per quanto riguarda l’ironia sulle competenze dei consulenti esterni, sarebbe ora che Minardo compilasse una lista delle sue, visto che una gran parte dei suoi concittadini, quella pensante, attende da anni di conoscerle. Nel gennaio del 2009, l’onorevole incappò in un altro incidente di percorso, quando criticò aspramente l’Istituto Autonomo Case Popolari di Ragusa, che, a suo parere, era ormai da considerare “ un mero strumento elettorale”.
Scrivemmo allora: “ Lui che appartiene ad una coalizione che a Modica di carrozzoni elettorali ne ha tenuti in vita più d’uno”. Lo abbiamo scritto molte volte e ci tocca riscriverlo. Nino Minardo non ha titoli per ergersi a paladino della buona politica finché non avrà spiegato ai suoi concittadini in quale modo, vista l’inesperienza che allora lo caratterizzava, ottenne la presidenza dell’Azienda Turismo di Ragusa, poi quella del Consorzio autostrade siciliano e infine quella assai prestigiosa della Fondazione Federico 2° di Palermo. Sulla base di quali competenze – visto che intende ripulire e rigenerare la politica siamo certi che finalmente vorrà documentarle – ha ottenuto le prime due poltrone e sulla base di quali titoli accademici ha conquistato la terza? Come mai, un modesto (dal punto di vista politico, ovviamente) deputato di provincia, nel 2008, quando sponsorizzava la candidatura a sindaco di Modica di Giovanni Scucces, potè addirittura recarsi nella residenza romana di Berlusconi per ottenerne la benedizione e una bella foto col premier! Non ci risulta che Berlusconi avesse l’abitudine di ricevere tutti i candidati sindaci del PDL, figuriamoci quello di un piccolo comune del profondo sud. Quale l’arcano motivo di questo prestigioso trattamento a lui riservato?
Perché, in occasione delle ultime elezioni politiche, è stato inserito nella lista in una posizione blindata, in modo da dargli l’assoluta garanzia di andare a Montecitorio? E ancora: com’è stato possibile che nel giro di pochi anni costui sia diventato il leader provinciale della coalizione berlusconiana? Su “La Pagina” del 28 febbraio 2009 scrivemmo: “ Critica a destra e a manca e si atteggia a politico di lungo corso: lui che, per la sua giovane età, non ha conosciuto la politica “alta”, per la quale, in questa nostra Italia, i giovani erano disposti anche a rimetterci la vita, e l’elenco di coloro che ce la rimisero purtroppo è assai lungo. Lui, che ha conosciuto solo la politica degli slogan e dei sorrisi ebeti di Berlusconi, la politica delle giacche, delle cravatte e dei luoghi comuni, la politica senza slanci ideali e senza valori”.
Dia queste risposte, non a noi ovviamente, ma ai suoi concittadini. Solo allora, quando avrà dimostrato che la sua travolgente carriera politica sarà stata solo il frutto delle sue altissime capacità e delle sue elevatissime competenze, e che le poltrone conquistate non lo sono state a scapito di altri magari più meritevoli di lui, solo allora, quando avrà dimostrato tutto questo, torni a disquisire di rigenerazione della politica. Finché non lo avrà fatto, le sue esternazioni non possono che produrre fastidio e insofferenza in chi ancora si ostina a pensare con la propria testa!
E’ davvero paradossale: Minardo sostiene di voler rigenerare la politica, e questa non potrà emendarsi finché sopravvive quella politica di cui lui stesso è figlio e fedele rappresentante!
Quando la politica diventa insignificante e autoreferenziale
IL BLACK OUT AL TEATRO GARIBALDI
Negli ultimi giorni dello scorso mese di maggio, i consiglieri comunali Paolo Nigro e Giovanni Migliore hanno presentato un’interrogazione urgente (sic!) affinché il sindaco chiarisse tutti gli aspetti relativi all’inconveniente – il black out elettrico – che si è verificato al Teatro Garibaldi in occasione della presentazione della IV edizione del premio di poesia “Salvatore Quasimodo”. La questione, come è di tutta evidenza, è stata di vitale importanza per la vita dei loro concittadini. Da essa, e non vi sembri un’esagerazione, per alcuni giorni è dipeso il destino della nostra città, nel senso che un chiarimento su questa delicata circostanza è stato ritenuto fondamentale per la sicurezza di noi tutti – chi può escludere, infatti, che un giorno anche noi potremmo ritrovarci a vivere una situazione così angosciante? – e per le inevitabili conseguenze che esso potrà avere sul tessuto socio-economico e culturale di Modica.
I due consiglieri comunali, in effetti, come da sempre sostengono, hanno giustamente interpretato le istanze provenienti dalla cosiddetta società civile, che è stata preoccupata, smarrita, confusa, dinanzi al dramma che ha sconvolto la vita di questa tranquilla città di provincia. Basti pensare agli organizzatori, ai relatori e agli spettatori che hanno dovuto subire un’avventura così devastante che potrebbe avere conseguenze nefaste persino sulla loro salute psichica. Da fonti attendibili abbiamo appreso che Migliore e Nigro non sono stati che la punta di un iceberg: tantissimi sono infatti i cittadini modicani che da quella maledetta sera, quella del black out, hanno perso la pazienza. La città tutta pare abbia corso un grave pericolo, poi scongiurato. Sembra che i più esaltati avessero deciso di occupare il teatro, bivaccandovi giorno e notte e che la sera avrebbero provveduto a far luce utilizzando solo vecchi lumi a petrolio, in segno di protesta con quanto accaduto. Il Sindaco e i membri della Fondazione Garibaldi ne sarebbero comunque usciti indenni: pare, infatti, che qualcuno, proprio uno dei più esagitati, abbia deciso di seguire l’esempio dei tanti voltagabbana che popolano il teatrino della politica modicana, e che pertanto, passando dalla parte del nemico, li abbia avvertiti in tempo delle intenzioni bellicose dei facinorosi.
A questo punto, però, visto che la nostra verve ironica si è esaurita, è tempo di abbandonare il tono satirico e passare alle considerazioni serie! Del consigliere Migliore sappiamo poco, anche se ne abbiamo spesso letto il nome sulla stampa locale, per via di alcune sue iniziative; del consigliere Nigro sappiamo qualcosa di più, visto che un anno fa, su La Pagina, ci criticò aspramente per quanto avevamo scritto circa la sua attività politica e sul fatto che aveva spesso cambiato partito di appartenenza. Allora, era da poco fuoruscito dal PID e ci rimproverava di avere osato pensare male di lui e cioè che tale fuoruscita preludesse ad “approdi prossimi venturi”: lasciamo ai Lettori il giudizio sul fatto che poi sia approdato all’Associazione “Territorio”; di fatto, un vero e proprio partito, che sarà presente con una propria lista - e forse con un proprio candidato a sindaco (Paolo Nigro?) - alle prossime elezioni amministrative.
Due sono le considerazioni che intendiamo sottoporre all’attenzione dei Lettori. La prima riguarda l’interrogazione che i due consiglieri hanno presentato al sindaco: è un fatto avvilente, da un lato, deleterio, dall’altro. E’ deprimente che due rappresentanti dei cittadini perdano il loro tempo – non quello privato, ovviamente, che non ci riguarda – destinato all’attività politica per fatti così insignificanti, in una città come la nostra che di problemi seri ne ha davvero tanti, come quelli relativi alla selvaggia cementificazione che la sta devastando; ed è sconsolante utilizzare persino un black out elettrico al teatro comunale per cercare di mettere in difficoltà gli avversari politici, mortificando, in tal modo, il compito dell’opposizione, che dovrebbe avere ben altro spessore. E’ deleterio, infine, se si pensa che i due hanno chiesto al sindaco che si discutesse della questione in Consiglio comunale: per quanto tempo si dovrà ancora tollerare che la cittadinanza debba pagare un civico consesso che discute di queste corbellerie!
Qualcuno ha recentemente sostenuto che “non basta autonominarsi migliori degli altri per esserlo veramente”: guardando alla classe politica modicana non c’è alcun bisogno di auto conferirsi titoli, le sue carenze sul piano della cultura politica sono così eclatanti, che basta possedere una piccola dose di buon senso per surclassarla infinitamente. Finché ne avremo la possibilità, non le faremo mai mancare, quando le merita, le nostre critiche, perché la critica è il sale della democrazia. E’ davvero grave pensare, come fa qualcuno – sempre lo stesso, quello di prima - che il proporre, il dare suggerimenti o il suggerire soluzioni abbiano valore solo se nel contempo si scende in campo (orrenda espressione di origine berlusconiana ormai purtroppo diventata di uso comune) o ci si presenta in politica.
Ci mancherebbe solo questo! Dopo che la politica ha invaso tutto ciò che era possibile occupare, ci mancherebbe che si impadronisse anche della testa di chi persevera a volerla ancora utilizzare. Aspettavamo solo questo: la politica che giudica se stessa e poi si assolve! Che “edificante” spettacolo sarebbe il volgare sciamare degli intellettuali organici al servizio dei politicanti. Chi fa politica farebbe bene a trovare migliori argomentazioni: queste dimostrano soltanto che la politica, oggi, non è in grado nemmeno di fare ammenda delle proprie colpe ed è presuntuosamente e fastidiosamente autoreferenziale! #
Ottobre 2012
LA CONFRATERNITA DEI BENEFATTORI
Oltre milleseicento candidati per accaparrarsi i novanta seggi del parlamento siciliano. Milleseicento “benefattori” che sognano di andare a Palermo per il bene dei siciliani! La lotta, come sempre, sarà senza quartiere e senza esclusione di colpi, ma ciò è comprensibile: quando si tratta di lottare per il riscatto della nostra Isola, i “benefattori”, come è giusto che sia, non guardano in faccia nessuno! Gli scandali in tante regioni italiane sono ormai all’ordine del giorno, ma mai la classe politica italiana – nonostante non abbia mai brillato per coerenza ed onestà – era scesa così in basso come in questo periodo: festini, viaggi, crociere, aragoste e champagne sembrano essere diventati l’occupazione preferita di onorevoli (sic!), senatori e consiglieri regionali, che hanno scambiato le Istituzioni per taverne e bordelli dove poter sfogare i loro bassi istinti; per pozzi senza fondo dove attingere quattrini: parassiti senza dignità; scansafatiche senza onore! Gli scandali, come detto, sorgono come funghi in tutta la penisola; dopo quello che ha spazzato via il consiglio regionale del Lazio, l’ultimo, mentre scriviamo, è quello emerso nel “virtuoso” Piemonte e che riguarda le spese sostenute da tutti i gruppi del consiglio regionale.
Questa massa di fango da decenni travolge la politica in tutta Italia. Da molti anni, infatti, continua vertiginosamente ad aumentare il numero dei “benefattori” che vogliono intraprendere la carriera politica: sanno bene, infatti, che coniugando abilmente stipendi e benefici vari, si sistemeranno economicamente loro e i loro discendenti fino alla settima generazione. I costi della politica sono ormai diventati insostenibili: i novanta che siederanno a palazzo dei Normanni, alla luce dei tagli di cui diremo, si metteranno in tasca, mediamente, 13/14 mila euro, senza contare tutti gli innumerevoli e immorali privilegi di cui la Casta dispone. Tutto questo, mentre aumentano precari e disoccupati, le aziende chiudono e molte famiglie non sanno letteralmente come provvedere ai bisogni primari dei loro figli. Novanta persone, che, come sempre, nulla faranno per il riscatto economico, sociale, etico e civile della nostra Isola. E l’indecenza continuerà!
Fino ad oggi, questi novanta benefattori, oltre a 3500 euro di diaria e ad uno stipendio base di 5100 euro, hanno goduto di un contributo annuo, extrastipendio, come rimborso per le spese sostenute per raggiungere palazzo dei Normanni, che va da 6646 euro per coloro che abitano nel capoluogo (!) a 13293 per chi abita nella provincia di Palermo, fino ai 15979 per chi giunge nel capoluogo da fuori provincia. Insomma non è stato ritenuto giusto che questi virtuosi e solerti “missionari”, oltre alla fatica e all’impegno di dovere affrontare un “lavoro” così stressante, dovessero pure rimetterci i quattrini per pagare la benzina per recarsi a Sala d’Ercole! Oltre a tutto ciò, mamma Regione ha concesso ad ognuno di loro altre 4180 euro mensili per pagare i portaborse, con l’obbligo di rendicontare la metà di questa cifra e la possibilità di autocertificare l’altra metà. E perché non si possa dire che questi “filantropi” siano stati costretti a sostenere qualche sacrificio, hanno anche usufruito di un altro regalo di 4150 euro l’anno per spese telefoniche e collegamenti ad internet, più un altro regalino di 10 mila euro l’anno, senza obbligo di rendicontazione, per pagare biglietti di treni, navi e aerei.
Tutto questo, mentre i comuni mortali non sanno come arrivare a fine mese e i pensionati ormai da tempo hanno varcato la soglia della povertà! Gli scandali hanno finora coinvolto altre regioni italiane, ma i sospetti hanno sfiorato anche il consiglio regionale siciliano e la procura palermitana ha aperto un’indagine contro ignoti, per il momento. Non vogliamo certo fare il processo alle intenzioni, ma non è assolutamente pensabile che la nostra possa essere la sola regione, o una delle poche, dove non alligna il malaffare e dove tutti i novanta “benefattori” sono politici integerrimi, efficienti, e che mai sfrutterebbero le Istituzioni per curare i loro affari. Ciò non è ovviamente credibile, anche perché la nostra regione, “vanta” un ex presidente in carcere, un altro ex (l’ultimo) indagato dalla procura di Catania, e altri due ex presidenti condannati in via definitiva. Può darsi che in questa poco onorevole lista ce ne siano degli altri: non lo ricordiamo e sinceramente non abbiamo alcuna intenzione di fare una ricerca che certamente non ci appassiona! Se la politica non sa e non vuole emendarsi, anziché lanciare strali contro la presunta invadenza dei magistrati, ringraziamo il cielo che almeno questi non sono latitanti e cercano di fare il loro mestiere, in una società, come quella italiana, che da troppo tempo ha dimenticato i doveri e reclama solo i diritti.
Anche a noi non piacciono gli esagerati protagonismi di alcuni giudici, ma in tempi drammatici come quelli che stiamo vivendo, possiamo anche tollerarli: guardiamo al contenuto e lasciamo perdere la forma! Se la politica non riesce e non vuole essere pulita ed efficace, se mostra di fregarsene dei bisogni dei cittadini, ben venga la Magistratura a fare giustizia e a spedire ladri e fannulloni a casa o in galera! Dinanzi allo sfacelo di cui abbiamo detto, la Casta resta del tutto indifferente.
Per quanto riguarda quella siciliana, ormai stretta fra l’indignazione dell’opinione pubblica e le indagini della magistratura, nei primi giorni di questo mese di ottobre, ha provveduto ad operare dei tagli che hanno lo stesso tasso di immoralità dei privilegi di cui gode, sia perché tali provvedimenti sono stati presi immediatamente prima della consultazione elettorale, sia perché sono stati decisi in concomitanza dell’intervento dei magistrati: un’ operazione, dunque, sospetta e demagogica e che non è certamente frutto di una ponderata riflessione o effetto di un autentico ravvedimento. Un intervento inutile, peraltro, se si pensa che spudoratamente si parla di tagli al finanziamento dei partiti, ai quali vengono tolti 800 mila euro l’anno su un budget che va dai 4,5 ai 12,6 milioni di euro l’anno! Si pensi poi alla riduzione del contributo mensile elargito ai signori deputati per finanziare la loro attività politica e pagare i loro portaborse che scende da 4180 a 3180 euro; al dimezzamento delle auto blu e al taglio da 10 milioni su missioni e uffici di gabinetto che è stato rimandato al 2013, ma pare siano già in atto le manovre per dilazionare i tempi di attuazione di questi decreti; e al taglio alle società partecipate, che scatterà solo dopo la redazione di un piano che dovrebbe essere completato entro il prossimo 31 ottobre. Figurarsi!
Positiva appare, invece, la cancellazione delle 10 mila euro l’anno per rimborso viaggi e la cancellazione delle oltre 4000 per spese telefoniche. Tuttavia, nel complesso, tali decisioni si configurano come una mera operazione di immagine, nel momento in cui i partiti continueranno tranquillamente a incassare ogni anno milioni di euro sottratti alle tasche dei cittadini e dal momento che con questi “tagli” ogni deputato siciliano verrà a perdere, al netto, 1000/1500 euro al mese: insomma, è stata tolta una goccia nell’oceano dello sperpero! Occorrerebbe dare alla società civile un concreto segnale di rinnovamento e invece i partiti procedono imperterriti lungo il loro cammino fatto di demagogiche promesse e di vuoti luoghi comuni: ulteriore prova che la politica, in questo nostro Paese, non è in grado di autoemendarsi.
Si pensi a ciò che accade nella nostra provincia; si vadano a leggere i nomi che i partiti hanno inserito nelle loro liste e che sono quelli che realisticamente possono ambire ad andare a Palermo: Orazio Ragusa, Roberto Ammatuna, Giuseppe Di Giacomo, Nello Di Pasquale, Sebastiano Gurrieri, Francesco Aiello, Riccardo Minardo, Mommo Carpentieri, Innocenzo Leontini e Peppe Drago. Lasciamo perdere la questione degli indagati e dei condannati che non sentono il dovere morale di farsi da parte, ma i cittadini di questa provincia si rendono conto che quando i partiti promettono loro il tanto sbandierato rinnovamento li stanno letteralmente prendendo per i fondelli? Cosa pensano potranno fare di così innovativo questi ragusani – vecchi e nuovi inquilini del Palazzo – quando siederanno comodamente nelle poltrone di Sala d’Ercole? Continueranno a pensare solo ed esclusivamente, come hanno sempre fatto, ad alimentare il clientelismo, così da garantirsi la successiva elezione.
La prova che mai cambieranno ce l’ha offerto Peppe Drago nel momento in cui ha accettato di candidarsi: “Altra riforma fondamentale – ha dichiarato – che proporrò sarà eliminare gli stipendi agli onorevoli, lasciando soltanto dei semplici rimborsi spese”. Demagogia allo stato puro! Come se non sapesse, Drago, che la sua proposta, ammesso che arrivasse ad essere discussa in aula, non sarebbe manco ascoltata dai suoi colleghi. Come si può sostenere una simile assurdità: togliere i quattrini a novanta “benefattori” che vanno a Palermo mossi solo dall’intento di accumularli, i quattrini. Il dott. Drago ha un solo modo per dimostrare che il suo intervento non è demagogico: prometta di rinunciare lui allo stipendio e di accontentarsi del solo rimborso spese, indipendentemente da ciò che faranno i suoi eventuali, futuri colleghi.
Coraggio, cittadini iblei, il rinnovamento della nostra provincia è finalmente cominciato: i nomi di coloro che hanno maggiori possibilità di essere eletti e le loro dichiarazioni ce lo garantiscono.
Al di là di ogni ragionevole dubbio!
Novembre 2012
NON POTEVA CHE FINIRE COSI’ !
Non poteva che finire così! Il primo partito siciliano è quello retto da un comico, e con l’aggravante che questo giullare non è nemmeno indigeno, ma è un “contastorie” d’importazione, che non conosce la nostra terra, che è difficile da comprendere per gli stessi siciliani, figuriamoci per uno che arriva da Genova. La tragedia della nostra terra si tinge dunque coi colori della farsa, si “arricchisce” di paradossi, equivoci, intrighi e colpi di scena. Ci perdonino i nostri Lettori se non ci uniamo al coro di osanna e benedizioni che da gran parte dell’Isola si leva a celebrare la “rivoluzione” che sta per compiersi a Palermo, grazie all’ex sindaco, simbolo dell’antimafia, prima che a un certo momento decidesse di abbandonare la trincea per una comoda poltrona a Strasburgo e che adesso pretende di cambiare la Sicilia andando a braccetto col partito che nella nostra Isola ha il poco invidiabile primato di essere quello che “vanta” il maggior numero di condannati e inquisiti, tra i quali molti per connivenze con ambienti mafiosi. Il sindaco antimafia che vuole ripulire la Sicilia col partito di Cuffaro!
246 mila siciliani, sostenitori del PD, sono caduti nella trappola: vogliamo proprio vedere, infatti, come il PD e Crocetta cambieranno il volto della nostra terra insieme ai democristiani dell’UDC e alla loro predilezione per la politica dei compromessi, della spartizione delle poltrone, del trasformismo e delle clientele; quella politica che troppe volte è stata complice del malaffare. Al di là di queste considerazioni, il nuovo governatore si troverà ad affrontare un’allarmante situazione finanziaria: la relazione di Armao, assessore uscente all’economia, è a dir poco drammatica. La Regione non ha più un soldo, e lo spettro della bancarotta si può davvero materializzare da un momento all’altro! Preoccupa il fatto che quasi 200 mila siciliani abbiano votato il partito di Casini, che in quest’ultimo periodo sta cercando disperatamente di rifarsi una verginità – che in verità non ha mai posseduto – puntando sul fatto di aver rotto l’alleanza con Berlusconi. L’UDC, rispetto alle regionali del 2008, perde soltanto l’1,7% dei voti: a 200 mila nostri conterranei, evidentemente, nulla hanno detto le vicende che hanno coinvolto Cuffaro e tanti altri esponenti di questo partito; evidentemente tutto questo li lascia indifferenti!
270 mila, invece, hanno scelto il populismo demagogico e inconcludente di Grillo, abile, certamente, nell’aver saputo intercettare, in quest’ultimo periodo, il malcontento della società siciliana, e italiana in generale. Nel merito non si può non condividere ciò che egli denuncia, ma nel metodo il suo movimento appare caratterizzato da troppi luoghi comuni e dall’assenza di progettualità. Grillo è un professionista delle scene, che come tale stimiamo, e anche molto, ma non crediamo abbia le doti politiche e culturali per fare del suo movimento un partito in grado di cambiare il volto dell’Italia e della Sicilia: il suo movimento manca di una adeguata analisi delle dinamiche socio-economiche dell’Isola, nella fattispecie, e di un progetto politico credibile. E con ciò non intendiamo la solita e inutile lista delle cose da fare, ma una visione del mondo dalla quale possa derivare, poi, l’idea di quale Stato si vuole costruire e di come realizzare le cose che si intendono fare.
L’altro dato inquietante è che ben 173 mila abbiano votato per il partito di Lombardo, ovvero per colui che con la sua politica clientelare ha trasformato in catastrofe una situazione già preoccupante e assai grave; colui che, già inquisito e dimissionario, ha utilizzato fino all’ultimo minuto la sua
poltrona per nominare esperti a lui graditi, come se non gli fossero bastate le 700 nomine effettuate durante il suo governo. E nonostante ciò, ben 173 mila siciliani lo hanno ancora votato!
Un dato positivo, almeno uno, in questa tornata elettorale, c’ è stato: il tracollo del partito-azienda berlusconiano, che dal 33,4% delle scorse elezioni scende al 12,7%, perdendo ben 21 punti percentuale: 670 mila elettorali, per fortuna, gli hanno girato le spalle. E che dire del suo candidato alla presidenza? Per restare fedele alle sue idee, abbandonò l’opportunista Fini e fondò Alleanza Siciliana, salvo poi diventare berlusconiano e ottenere in cambio una redditizia poltrona di sottosegretario.
Ma, sul PDL, non possiamo non soffermarci, in quanto modicani, sulle solite, paradossali dichiarazioni di Nino Minardo, il quale, anziché dimettersi da coordinatore provinciale del partito vista la dèbacle cui questo è andato incontro, da politico di lungo corso, quale egli forse si ritiene, e da attento studioso di questioni socio-politiche, quale egli probabilmente crede di essere, si lascia andare a dichiarazioni quanto meno bizzarre “ Il PDL – egli sostiene – resta l’unico partito del centro destra in provincia di Ragusa in condizione di arginare da un lato il movimento di Grillo e dall’altro il PD e la sua pattuglia di candidati alla ricerca del seggio”. Evidentemente, i candidatidel PDL erano invece alla ricerca di altro! Ma cosa sia quest’altro, non è ancora dato sapere! L’analisi di Minardo, come si vede, è profonda e lungimirante: da ciò che egli dice sembra che il PDL, nell’ambito del centro destra, abbia vinto una dura battaglia contro le altre forze della coalizione che sosteneva Musumeci: forze politiche che egli, evidentemente, ritiene di grandissimo spessore e di elevatissima forza! Insomma, il partito di Minardo resta l’unico partito, in provincia, a poter contrastare gli avversari politici, perché all’interno della sua stessa area ha sbaragliato forze imponenti (!) come Cantiere Popolare e la lista Nello Musumeci presidente. E’ vero che il PDL è crollato in tutta l’Isola, ma non si può certo sottacere il fatto che con il suo coordinamento, in provincia di Ragusa, è sceso dal 33% (regionali del 2008) all’11,5%.
E Minardo parla, incurante dello schiaffo che gli elettori hanno dato a un certo modo di fare politica - di cui lui è un perfetto rappresentante - che è quello intriso di luoghi comuni e di demagogia. Ancora una volta, infatti, critica coloro che sono alla ricerca affannosa del potere o di un posto al sole, ma senza che abbia ancora dato ai suoi concittadini le risposte alle domande che ripetutamente gli abbiamo posto e che ancora una volta gli poniamo: non è ovviamente il caso di ricordarle, giacché ormai sono ampiamente note a lui e ai nostri Lettori. Non possiamo non dire, infine, di quei siciliani che non sono andati a votare (53%) esprimendo in tal modo la loro indignazione per il degrado in cui versa la politica. Questo è l’unico fatto che può alimentare la speranza che in Sicilia, in futuro, possa avvenire realmente un cambiamento di rotta: in questo senso è certamente indicativo il fatto che a Modica e ad Ispica, siano ormai scomparsi dalla scena nazionale e regionale personaggi come Innocenzo Leontini, Peppe Drago e Riccardo Minardo.
Da quanto finora detto, si evince facilmente che alla “rivoluzione” di Crocetta crediamo poco, anche se riteniamo che quasi certamente farà meglio del suo predecessore. Egli infatti dovrà governare trascinandosi dietro la zavorra democristiana - un po’ come a Modica è accaduto a Buscema col Movimento per l’Autonomia - e probabilmente, oltre a sperare nel soccorso del Movimento 5 Stelle, dovrà chiedere i voti anche ai cinque deputati di Miccichè, e pertanto scendere a patti con l’ex delfino di Berlusconi, ovvero con uno dei politicanti che ha contribuito in modo determinante a trascinare l’Isola nel baratro in cui si trova.
Perché si possa attuare una vera “rivoluzione” è indispensabile, ovviamente, un moto di protesta, e questo è sicuramente avvenuto, ma è poi necessario che questo sia convogliato su un partito che abbia idee chiare, progetti di grande respiro, uomini preparati e puliti, e un candidato alla presidenza che sia in possesso di un’autentica formazione umanistica, di alte competenze politiche, la cui fedina penale sia immacolata e che sappia guardare al futuro con la lungimiranza dello statista. Non ci pare di aver visto, fra i vinti e i vincitori, uomini di questa levatura. I siciliani hanno dimostrato di volere voltare pagina. Non ci resta che sperare che, prima o poi, insieme a tutti gli italiani, capiscano quanto siaimprorogabile la creazione di un partito che sia autenticamente alternativo a quelli esistenti, che, pur nella varietà delle loro posizioni politiche, sono comunque tutti organici al sistema e concorrono a mantenerlo in vita. Come sostiene Marcello Veneziani, bisognerebbe
“ procedere verso una selezione della classe dirigente attraverso i loro curricula e la loro motivazione: che significa capire cos’hanno fatto nella vita oltre a candidarsi, che mestiere avevano prima di far politica e capire quale molla li spinge a fare politica. Non possiamo pensare che la politica sia solo prassi e abilità, capacità di gestire o di conquistare il consenso. Molti pensavano che liberando la politica dalle idee e dalle passioni civili si sarebbe dedicata con più profitto alle cose concrete. Oggi abbiamo la prova, drammatica, che la perdita dell’una annuncia la perdita dell’altra. Oggi la politica non offre né pane né sogni. Bisogna ripartire dalla motivazione della politica per cambiare le cose”. Occorre un partito che sappia coniugare tradizione e progresso, sviluppo economico e giustizia sociale, che sappia salvaguardare l’iniziativa privata senza per questo sottomettersi alla logica egoistica del liberismo, un partito di persone oneste e coerenti e che sia guidato da un uomo degno di prendere in mano il libro del nostro
destino, e di voltarla, finalmente, quella stramaledetta pagina!
Dicembre 2012
Sulla crisi della scuola statale
LA SINISTRA COMUNISTA E IL LIBERISMO: UN CONNUBIO DEVASTANTE
Come se non bastassero i mille problemi coi quali la scuola italiana è costretta a convivere da moltissimo tempo, quest’anno, per quanto riguarda gli Istituti superiori di Modica, si è aggiunto quello del freddo, che, come si sa, dalle nostre parti è sopraggiunto con notevole anticipo. Nel momento in cui scriviamo, tutto il personale della scuola, e pertanto alunni, docenti e personale ATA, sta svolgendo il proprio lavoro in ambienti gelidi, perché la Provincia di Ragusa ha dichiarato che non ha quattrini, e dunque non può provvedere al riscaldamento delle aule e dei locali delle nostre scuole superiori. Riteniamo superfluo soffermarci sulle evidenti difficoltà in cui si trova ad operare il personale scolastico e sui disagi che sono costretti a vivere gli alunni, che pagano anch’essi le conseguenze di una politica che da decenni ha tra i suoi precipui obiettivi quello di distruggere la scuola statale. Ed è su questo dato allarmante che vogliamo fare alcune riflessioni, con la speranza che possano essere utili ad aprire le menti ottenebrate di coloro che, in questi anni, hanno sacrificato il loro spirito critico sull’altare di certezze costruite e divulgate da chi aveva il solo scopo di narcotizzare i loro cervelli. Noi crediamo che la situazione, a dir poco disastrosa, in cui si trova la scuola italiana, affondi le sue radici da un lato nell’integralismo ideologico della sinistra, che, per decenni, ha monopolizzato la cultura nel nostro Paese, dall’altro, nel dogmatismo economico di banchieri, esponenti dell’alta finanza e di gran parte del capitalismo italiano, che, spalleggiati da ben note forze politiche, hanno teorizzato l’infallibilità di quelle politiche liberistiche che ci hanno condotto nel baratro in cui adesso ci troviamo.
La colpa del partito comunista, e di una parte di quello socialista, è stata quella di demonizzare lo spirito nazionale, nel nome di un vacuo internazionalismo. Condizionata dalla retorica dell’antifascismo e della Resistenza, la sinistra italiana non è mai riuscita a liberarsi, per dirla con Nolte, del “passato che non passa”; si è intestardita a volerlo tenere in vita, per trovarvi sempre nuova linfa e per trovare in esso strategie che alimentassero il consenso: in tal modo, ha finito per mantenere in vita quel passato – ci riferiamo ovviamente al Fascismo – come se avesse avuto paura di perderlo; quasi che, smarrendo tale ancoraggio, non avesse saputo più trovare idee e principi da indicare al popolo della sinistra. Totalmente presa dal suo obiettivo di demonizzare il Fascismo, la sinistra italiana ha finito per restare impigliata nelle reti di una deleteria contraddizione. Lo scopo, infatti, è stato quello di evitare, nel modo più assoluto, che potessero emergere, soprattutto sotto il profilo socio-economico, quegli aspetti che avrebbero potuto mettere in luce le affinità tra il Socialismo e il Fascismo, in particolare quello della Repubblica Sociale Italiana. Operando in tal modo, comunisti e socialisti hanno ridimensionato, quanto meno sul piano culturale, l’alta considerazione che la loro ideologia ha sempre avuto per lo Stato, e, per evidenziare la loro totale diversità dalla Destra, lasciarono al Movimento Sociale Italiano l’esclusiva di essere l’unico partito a dare primaria importanza al binomio Stato – Nazione.
Per tali motivi, mentre nell’Unione Sovietica –modello dei comunisti italiani negli anni Settanta e almeno fino alla metà degli Ottanta, nonostante fosse già avvenuto lo strappo voluto da Berlinguer – si celebrava il culto dello Stato e della Nazione e si venerava la sacralità della bandiera e della grandezza del popolo russo, quasi tutta la cultura italiana, asservita all’ossessione antifascista del PCI, distruggeva quei valori e quei simboli venerati nella madrepatria sovietica. La letteratura, l’arte, la musica, il cinema, l’editoria: tutti d’accordo nel seppellire quel debole patriottismo che ancora sopravviveva nei sentimenti del popolo italiano. Una contraddizione che ha arrecato ingenti danni alla nostra società, e, nella fattispecie, alla nostra scuola statale: la sinistra la difendeva, e convintamente, sul piano politico, ma su quello culturale, senza rendersene conto, poneva le premesse per il suo graduale annientamento. Il senso dello Stato crollava e adesso ci muoviamo ancora tra quelle macerie e cogliamo mestamente i frutti avvelenati di quel cedimento, soprattutto quello della corruzione che ha ormai intossicato, e temiamo in modo irreversibile, l’intera penisola.
L’altra grande “benefattrice”, che in questi decenni ci ha elargito i suoi frutti avvelenati, è una congrega meno appariscente della prima, agendo spesso nell’ombra, tra loschi intrallazzi e ambigue strategie. Una consorteria di uomini senza scrupoli che sanno come muoversi nelle stanze del potere, che si scambiano favori, affratellati da un unico obiettivo: accumulare potere e quattrini. Sono banchieri, affaristi, massoni, industriali, esponenti dell’alta finanza: in altri termini, si tratta di coloro che hanno in mano le chiavi per decidere il nostro destino e che manovrano i burattini che affollano i palazzi romani della politica. Sono i sacerdoti del dio liberismo e delle tante divinità che gli fanno contorno e che si chiamano libero mercato, privatizzazioni, concorrenza.
Sono quelli fiancheggiati da una folta schiera di economisti impegnati da tempo a demonizzare Keynes e lo Stato Sociale, che sconoscono il valore della solidarietà e quello della giustizia sociale, che definiscono lo Stato un’azienda e lo immaginano al servizio del cittadino. In un suo celeberrimo discorso Jhon Kennedy disse: “Non chiedetevi che cosa l’America può fare per voi, ma cosa voi potete fare per l’America”. Ne dovremmo tutti trarre insegnamento. Il popolo italiano ha smarrito il senso dello Stato, così come è stato defraudato del senso della Nazione, del valore dell’appartenenza e della condivisione dello stesso Ethos, perdendo dunque il gusto di condividere gli stessi usi, costumi, lingua, storia e tradizione, che non significa esclusione o peggio sottovalutazione delle altre culture, ma vuol dire sancire l’importanza e la bellezza delle differenze, in un contesto di pacifica coesistenza e di tolleranza. Il privato ha dunque prevalso sul pubblico, il singolo sulla comunità, il cittadino sullo Stato.
Come meravigliarsi, allora, se da decenni la scuola statale è stata abbandonata al suo destino e se ora il governo del supertecnico Monti, con gran disinvoltura, regala alla scuola privata – costituita in gran parte da ignobili diplomifici – ben 230 milioni di euro, mentre quella statale è nel più completo dissesto: docenti con stipendi umilianti e bloccati da anni, edifici fatiscenti, concorsi inutili che serviranno solo a creare nuovi disoccupati, precari ormai divenuti storici, e programmi che variano al cambiare di ministri incompetenti e insignificanti.
A Modica, in buona parte della Sicilia e in molte altre parti d’Italia, alunni e docenti lavorano e studiano al freddo (che ovviamente è soltanto uno degli innumerevoli disagi in cui è costretta ad operare la scuola), ma, per i grandi manovratori, questo è soltanto un altro tassello che si aggiunge al mosaico da tempo progettato: l’annientamento della scuola statale, per rinvigorire e consolidare quella privata. In tal modo, a nessuno sarà negato l’agognato diploma e nel contempo a nessuno sarà tolta la possibilità di restare ignorante: i benefici di questa spregevole manovra arriveranno e daranno i loro frutti nelle future campagne elettorali.