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Gasti G., Quando Mussolini tirava le pietre.Mussolini come Capanna con una marcia (su Roma) in più. Con un pretesto di Carmelo Modica. Formato 12x12, Rilegatura a quaderno, pp. 80, 2005.
“Pretesto”
Il 4 Giugno 1919, Benito Mussolini stava per compiere 36 anni, quando divenne oggetto del rapporto dell’Ispettore generale di PS G. Gasti “Al On: Gabinetto di S. E. il Presidente del Consiglio”, del quale abbiamo deciso di interessarci con questa piccola pubblicazione e con questa ancora più piccola introduzione.
Ci sembra utile pubblicarlo per illustrare un antecedente di quella che poi sarà l’immane tragedia della seconda guerra mondiale e del suo violentissimo epilogo.
Il rapporto a carico di Mussolini a noi non sembra molto diverso da quelli scritti a carico di agitatori “missini” e “comunisti” dopo la fine della seconda guerra mondiale. Lo stesso clima dell’ordine pubblico del 1922 non sarà stato molto differente da quello, alimentato e gestito dai comunisti dal 1968 in poi.
Nel biennio rosso l’ordine pubblico contò molti morti fra le opposte fazioni con una inerzia dello Stato che nei fatti favorì i fascisti, i quali misero in campo un apparato più efficace perché forgiato, fisicamente e psicologicamente, nella violenza delle trincee e motivato da una situazione generale che non teneva conto del loro “sacrificio”... anzi.
Una inerzia che materializzò uno spontaneo un fronte unico tra apparato repressivo dello Stato (esercito e forze dell’ordine) e reduci e combattenti.
La spontaneità del fronte unico derivò dal fatto che l’apparato repressivo dello Stato era costituito da “colleghi” dei reduci e combattenti. Quest’ultimi tornati dal fronte, dove avevano rischiato la pelle, vennero derisi e sputati dai socialisti massimalisti [i futuri comunisti italiani], mentre gli ufficiali ed i soldati in servizio venivano, dagli stessi, aggrediti in strada, strattonati e privati delle decorazioni dal loro petto ed ingiuriati, mentre i miti di entrambi, per i quali avevano combattuto e sofferto, vennero infangati.
Unico provvedimento del governo fu una circolare con la quale si ordinò agli ufficiali di indossare in pubblico l’abito borghese per evitare il linciaggio dei comunisti.
Una politica scriteriata che non si pose il problema elementare che ad un esercito, anche ben disciplinato, non si può chiedere il dovere, amarissimo, di usare la forza contro un movimento al quale andavano le simpatie di tutti i combattenti, senza chiedersi, prima di impartire il terribile ordine, quale insanabile ferita avrebbe provocato, nell’animo dei soldati, l’adempimento di quel dovere.
All’origine di tutto questo fu la “sindrome giolittiana dell’ordinato progresso”, ovvero quel cedere gradatamente alle pressioni della sinistra pensando di recuperarla nell’area legalitaria.
Nell’ordine pubblico post ’68 i comunisti ripresero la guerra civile del biennio rosso e nella stessa logica di quel periodo gridarono “uccidere un fascista non è un reato”, accomunando nello stesso destino il poliziotto con le invocazioni “Uno cento mille Annarumma (Poliziotto del Terzo Reparto Celere ucciso durante violenze di piazza provocati da comunisti il 19 novembre 1969 in Via Larga di Milano) e “se trovi un poliziotto ferito finiscilo”.
Si stava ripetendo l’errore del ‘22 che verrà subito corretto da Pier Paolo Pasolini quando intervenne con la celebre frase che definì i poliziotti dei “proletari in divisa”.
E mentre nel 1922 la violenza si stabilizzò in una dittatura, nel ‘68 si realizzò il dominio della piazza da parte della sinistra comunista caratterizzato da una violenza via via qualitativamente sempre più sanguinaria: dal porfido, alla molotov ed alla P.38 e dai movimenti spontanei a forme sempre più organizzate come le brigate rosse.
Questa violenza provocò una violenza opposta che potendo maturare solo in ambienti a ranghi ridotti divenne quasi naturale che si esplicasse nelle forme dell’attentato, dapprima simbolico e dimostrativo e successivamente facile preda di servizi segreti deviati e di zone grigie della politica, con morti innocenti e stragi che, piaccia o non piaccia, conseguirono come risultato politico il consolidamento della Democrazia Cristiana al potere; Democrazia cristiana che sostituì il giolittiano cedere gradatamente alla pressione delle sinistre, con la creazione di una spugna ideologica capace di assorbire tranquillamente i tanti giovani missini uccisi dai comunisti e preoccupandosi che non ve ne fossero di comunisti: meglio la morte di Annarumma che quella di un dimostrante comunista.
Vivere la violenza come l’abbiamo vissuta noi a Milano (quel giorno comandavamo la compagnia del 3° Reparto celere di Antonio Annarumma e lo abbiamo visto morire) non ci fa sopportare i giudizi di valore che si tenta di far passare demonizzando quella di Mussolini del 1922 e facendo passare come lecita o giustificata quella di Capanna o ancora quella recente dei no-global di Genova.
I climi di violenza sono il frutto di contesti che hanno delle cause e degli attori che i capi, i veri capi, riescono a padroneggiare.
Sia Mussolini che Capanna ebbero dei grandi movimenti culturali alle spalle il Futurismo e la rivoluzione culturale del ‘68 che in effetti rappresentarono il desiderio di cambiamento di una società sclerotizzata, conservatrice, formalista, e burocratizzata.
In italia questa ansia di ammodernamento e rinnovamento è stata influenzata dalla presenza della ideologia social-comunsita che dalla rivoluzione bolscevica (1917) in poi ha mantenuto un atteggiamento da guerra civile permanente, alternando periodi di violenza fisica pura a periodi di violenza intellettuale e di occupazione del potere:
- Il biennio rosso (1919-1922) che vide i socialisti massimalisti tentare di "sovietizzare" l'Italia scatenando violenza nelle piazze, scioperi e scontri che esasperarono talmente la popolazione che il movimento fascista passò in appena un anno (1920-21) da circa ventimila a duecentomila iscritti con la conseguente marcia su Roma ed il ventennio fascista;
- Il periodo della “volante rossa” e della resistenza comunista dal 1943 al 1947 (oltre la fine della guerra) quando, nonostante il patto di Yalta, i comunisti tentarono l’impossibile piegando la logica della resistenza non alla cacciata dei nazifascisti, alla quale avrebbero provveduto le forze alleate, ma alla eliminazione fisica di chiunque (fascisti, cattolici o semplici italiani) potesse ostacolare la realizzazione della programmta rivoluzione sovietica, se non in tutta Italia almento in parte del territorio del confine orientale;
- Il ‘68 nel quale alla violenza contro i fascisti (giovani missini uccisi senza pietà) si accompagnò la occupazione di tutti i centri di formazione ed orientamento culturale direttamente o, indirettamente, attraverso l’inquinamento della dottrina cattolica e dei mezzi di comunicazione (due canali televisi su tre), sfruttando la mai scomparsa sindrome giolittiana, ora democristiana, che, in questo periodo, si traduceva in una continua e vile politica calabrache pur di mantenere il potere;
- Negli anni ’90 l’azione venne rivolta contro Craxi - colpevole di mirare ad un governo socialista anticomunista - con un secondo piazzale Loreto realizzato attraverso il lancio delle monetine contro Craxi - presidente del consiglio - asserragliato presso l’Hotel San Raphael sotto la protezione del Reparto Celere e la successiva mobilitazione dei quadri giudiziari e quella tangentopoli che ebbe lo scopo di eliminare la democrazia cristiana ed il partito socialista e legittimare, finalmente, un governo rosso. Il progetto verrà vanificato da Silvio Berlusconi con la sua discesa in campo che impedirà il tanto agognato governo rosso suggerendo e permettendogli, al massimo, un governo rosso annacquato.
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Altro merito di questo rapporto è quello di fornirci un profilo di Mussolini prima che subisse la demonizzazione del vinto.
Ci è sembrato, per completezza, utile inserire il certificato penale dal 1904 al 1921 di Mussolini, mentre “...la serie di crimini politici e collettivi di Mussolini che nessun tribunale può giudicare e che solamente la fucilazione alla schiena potrà punire..” (1), ci è apparsa ottima come esempio classico del becerismo politico e della stupidità della sinistra estrema. Per tutte valga l’aver definito l’azione antimafiosa del Prefetto Mori “1926: Assassinio di cittadini meridionali sotto il pretesto di stroncare la mafia.”
Una stupidità tragica dei comunisti, perché come corrispettivo del grande sangue del quale si sono sporcati le mani, i comunisti non hanno conseguito alcun risultato politico:
Con le violenze, sangue e sputi ai combattenti della prima guerra mondiale del biennio rosso ottennero vent’anni di dittatura fascista;
Con tanto sangue procurato agli avversari nel triennio 1943-47, contro il patto di Yalta, ottennero l’inizio della dittatura democristiana;
Con la mortificazione di Craxi e l’entusiasmo di tangentopoli a senso unico, quando pensavano di avere raggiunto, finalmente, il potere, ottennero la discesa in campo di Berlusconi e con lui la vittoria finale dei poteri forti contro i quali ancora cantano le loro canzoni ed i loro eroi.
Carmelo Modica
(1) Crimen — Documentario settimanale di criminologia diretto da Salvatore Cappello, Roma, febbraio 1945